Si può spegnere il colesterolo?

Postato in Area Dietologica

Tratto da “La Stampa” sezione “Tutto scienze” mercoledì 10 luglio 2013
Daniele Banfi 

Testata negli Usa una molecola che blocca  la produzione dei grassi “cattivi”.

E’ uno dei primi valori che controlliamo quando ritiriamo gli esiti degli esami del sangue. Un asterisco accanto al dato significa modificare le proprie abitudini a tavola. Protagonista è il colesterolo, una molecola fondamentale per la vita, ma che, se presente in elevate quantità, può trasformarsi nel nemico numero uno per le nostre arterie.

Oggi, modificando i comportamenti a rischio e assumendo farmaci specifici, è possibile abbassare il livello quasi sempre con successo. Ma in futuro, forse, si potrà addirittura  <<spegnere>> alla fonte la sua eccessiva produzione e risolvere il problema alla radice. Ad affermarlo è una ricerca appena pubblicata sulle pagine della rivista “Nature Medicine” ad opera dei ricercatori del Suny Downstate Medical Center di New York.

<<Nel corpo umano – spiega pablo Werba, responsabile dell’Unità di prevenzione per l’aterosclerosi del centro cardiologico Monzino di Milano – la presenza dei lipidi è di fondamentale importanza. Molte strutture della cellula sono infatti composte dai grassi come fisfolipidi, trigliceridi e colesterolo. In particolare quest’ultimo è importante per la sintesi della membrana cellulare, della bile e anche di alcuni ormoni. Se non lo introduciamo attraverso la dieta , il nostro corpo è comunque costretto a produrlo>>. Ecco perché a partire dagli anni 60 in poi l’attenzione verso il colesterolo si è via via intensificata. In particolare c’era una ragione molto semplice: si era notato che valori elevati di Ldl – il colesterolo cattivo – erano associati allo sviluppo di aterosclerosi, vale a dire l’accumulo di grasso a livello delle arterie che porta con il tempo alla loro occlusione.
<<Chi ne soffre – aggiunge Werba – va incontro a infarti, ictus e episodi di angina. Abbassarne i livelli è il modo migliore per allontanare il rischio ed evitare che questi fenomeni, quando si sopravvive, si ripetano>>.
In realtà ad essere pericoloso non è il colesterolo in sé. Come tutti i grassi non è solubile nel sangue e per essere trasportato ha bisogno di associarsi a una serie di proteine. E’ proprio il legame con le Ldl – una particolare classe – a renderlo così nocivo. Ecco perché agire sulla produzione di queste ultime può rappresentare un’idea vincente. Le strategie per farlo sono molte e quella futuristica degli scienziati statunitensi sembrerebbe molto promettente, pur essendo stata per ora testata solo su animali da laboratorio. I ricercatori hanno infatti individuato un microRna (miR-30c), vale a dire una molecola complessa in grado di regolare la sintesi delle Ldl e il loro “trasporto” nel sangue. In particolare nello studio è stato notato che il microRna in questione è in grado di spegnere la loro produzione. Secondo i coordinatori della ricerca, lo sviluppo di molecole simili a miR-30c potrebbe quindi rappresentare una possibile cura per chi soffre di iperlipidemia, cioè di elevati livelli di grassi nel sangue. Ma nell’attesa che la speranza si concretizzi chi sono i soggetti che devono assumere  farmaci per abbassare il colesterolo? Una domanda solo in apparenza banale. <<Mentre nel passato si cercava di dare un valore di riferimento da non superare, oggi la quantità di colesterolo-limite entro il quale si deve intervenire è in funzione al rischio cardiovascolare individuale. Se una persona non presenta particolari fattori di rischio, allora i livelli di Ldl possono arrivare fino a 160 milligrammi per decilitro di sangue. Quando invece la persona ne presenta di molteplici (sovrappeso, fumo, scarsa attività fisica), allora i valori si abbassano fino ad arrivare a 70 milligrammi per decilitro>>, sottolinea Werba.

Si tratta di risultati raggiungibili con un duplice approccio: da un lato quello del cambiamento dello stile di vita, dall’altro il ricorso ai farmaci. Ad oggi le molecole autorizzate nel trattamento dell’ipercolesterolemia appartengono alla categoria delle statine. <<Se una persona presenta un rischio molto basso ma ha i livelli di colesterolo alto – continua lo scienziato – non necessariamente dovrà iniziare  subito con un trattamento farmacologico. In questi casi può essere sufficiente un aggiustamento della dieta e un po’ di attività fisica. Quando invece il rischio aumenta, allora il farmaco è d’obbligo.

Attenzione, però, a non commettere il più classico degli errori: <<Quando si prescrivono le statine, l’obiettivo è l’abbassamento del colesterolo. Smettere di assumerle appena si raggiunge il valore desiderato è sbagliato. Per mantenere costanti i risultati spesso passano degli anni e, di conseguenza, la terapia deve essere continuativa. La bravura del medico sta nel prescrivere le minor dose necessaria affinché l’obiettivo venga raggiunto e mantenuto>>, conclude Werba.

Esistono poi alcuni casi, come l’ipercolesterolemia famigliare, dove la battaglia deve inziare già da bambini. Mentre nella forma meno grave l’assunzione delle statine inizia dall’infanzia, per quella più severa la situazione è assai più complessa.

Buone notizie però giungono dalla ricerca: il futuro nella lotta a questa malattia sembrerebbe passare dai nuovi farmaci biologici. Sono ormai in fase di studio avanzato alcuni anticorpi come anti-Pcsk9 che, agendo a livello del fegato, sembrano in grado di abbassare i livelli del colesterolo Ldl. Sono risultati promettenti, ottenuti su un ristretto numero di pazienti: sono stati presentati a Lione all’ultimo congresso della “European atherosclerosis society”.

Tratto da “La Stampa” sezione “Tutto scienze” mercoledì 10 luglio 2013
Daniele Banfi

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