I Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) costituiscono l’insieme di tutte le sindromi psichiatriche che si manifestano attraverso un comportamento alimentare non corretto. Tale descrizione fa riferimento ai criteri espressi nel DSM IV. Rappresentano un argomento da trattare in gastroenterologia, dietologia, psicoterapia, psichiatria, endocrinologia, in quanto comportano una serie di alterazioni e complicazioni che vanno a colpire numerosi organi e apparati.
I disturbi del comportamento alimentare sono nella nostra società molto diffusi, più di quanto si pensi. La causa di tali disturbi riguarda diversi fattori, dalla genetica, alla familiarità, alla cultura propria dei paesi industrializzati ed occidentali. Le persone che soffrono di D.C.A. hanno un rapporto “particolare” con il cibo: esso diviene il collettore che raccoglie bisogni emotivi più inconsci.
I principali D.C.A. sono:
- ANORESSIA NERVOSA (AN)
- BULIMIA NERVOSA (BN)
- DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE NON ALTRIMENTI SPECIFICATI
- DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (DAI)
L’Anoressia Nervosa (AN) è una malattia e si contraddistingue dal rifiuto del cibo da parte della persona e dalla paura ossessiva di ingrassare. Nelle forme più gravi subentrano malnutrizione, amenorrea, emaciazione e inedia. L’anoressia è considerata la malattia della “società moderna”, nei paesi industrializzati è in continuo aumento, arrivando a classificare tutti i disturbi del comportamento alimentare come una vera e propria emergenza sanitaria. Un’altra caratteristica dell’anoressia è quella di essere un disturbo prettamente femminile: circa il 90% dei casi si sviluppa nel genere femminile. Tuttavia, la malattia negli ultimi anni risulta in grande crescita anche presso la popolazione maschile. Per il genere maschile però prevale un altro problema, non tanto quello di apparire magri, bensì quello di apparire il più possibile muscolosi; la dismorfia muscolare è considerata a tutti gli effetti un fenotipo dell’anoressia. Tale patologia si sviluppa soprattutto nel periodo adolescenziale in cui i mutamenti corporei sono molto forti ed evidenti, oltre che poco controllabili. Subentra la difficoltà ad accettare i cambiamenti corporei ritenuti minacciosi a differenza delle sicurezze infantili che non si vogliono abbandonare. Pertanto non si vuole crescere, si rifiuta un corpo sessuato e tutto ciò che ne consegue. Tale ribellione alla crescita avviene attraverso il controllo sull’unico elemento ritenuto sotto il proprio dominio: il corpo. E’ noto come un fattore cruciale nell’Anoressia sia il “Controllo” (come anche per la Bulimia ma con modalità opposte). La paziente Anoressica è la tipica “bambina perfetta”, che non ha mai dato problemi ai propri familiari e antepone sempre le esigenze degli altri alle proprie. La scelta anoressica diviene così la prima ribellione alle richieste esterne tenendo a freno la crescita del proprio corpo, continuando a non ascoltare i propri bisogni ed ignorando se stessa.
Un’altra interpretazione dell’anoressia sta nel rapporto madre-cibo: il rifiuto del cibo rimanda al rifiuto della madre e a una relazione simbiotica-affettiva conflittuale. Sovente nella famiglia dell’anoressica gli atteggiamenti di “rispetto”, “affetto” e “stima reciproca” non sempre vengono rispettati. Le figure dei genitori non sono percepite come forti e stabili, in grado di dare sicurezza e protezione; la figura maschile è spesso assente e svalutata e la donna si vive prima di tutto nel ruolo di madre piuttosto che di quello di donna e la figlia (il soggetto anoressico) si sovraccarica dei ruoli “mancanti” che non le spettano e soprattutto che non è in grado di reggere. In queste circostanze la malattia diviene un modo per accentrare l’attenzione su di sé senza farsi soffocare e fagocitare da una madre possessiva quando il padre è sentito come assente o totalmente fragile. La paziente anoressica non è in grado di riconoscere il proprio Sé come “nucleo di identità personale” e deve mettere in pratica delle forme di difesa dalla sensazione di frammentazione di Sé, attraverso il controllo del proprio corpo e quindi dell’ambiente che la circonda; in altre parole, non è in grado di riconoscere e di conseguenza gestire le emozioni: il mondo emozionale è totalmente chiuso e bloccato; prevarica il senso di solitudine.
L’anoressia si diagnostica nell’evidenziare nel paziente le seguenti caratteristiche:
– Magrezza estrema con il rifiuto della persona di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale;
– Forte paura di ingrassare anche se si è sottopeso;
– Preoccupazione estrema per il peso e la forma fisica;
– Rifiuto ad ammettere le gravità delle proprie condizioni fisiche e di salute;
– Insoddisfazione di sé;
– Amenorrea da almeno tre cicli consecutivi dopo il menarca;
– Disturbo di personalità evitante, dipendente e ossessivo compulsivo;
– Disagio psicologico espresso attraverso l’ansia, la depressione, attacchi di panico e difficoltà ad instaurare relazioni sane.
L’Anoressia si divide in due sottotipi:
– Tipo compulsivo: quando il paziente presenta condotte di eliminazione che esulano dal normale rifiuto del cibo (vomito autoindotto, uso esagerato di lassativi, diuretici o clisteri)
– Tipo restrittivo: quando il paziente si priva esclusivamente del cibo senza presentare i comportamenti sopra menzionati.
La Bulimia Nervosa (BN) è, insieme all’anoressia nervosa, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare e presenta le stesse dinamiche psico-patologiche dell’anoressia, ma sotto un versante opposto: l’anoressia porta il paziente ad un rifiuto totale del cibo, la bulimia conduce, invece, ad una ricerca costante, ma in modo compulsivo arrivando ad uno stato di dipendenza. Il paziente bulimico ingurgita una quantità di cibo eccessiva per poi ricorrere a diversi metodi per riuscire a non metabolizzarlo e ingrassare (quindi vomito indotto, lassativi, clisteri ect.); arrivando a non avere assolutamente più il controllo del proprio comportamento. La caratteristica dell’episodio bulimico è l’atteggiamento compulsivo con cui il cibo viene ingerito e non dal desiderio di mangiare uno specifico cibo. La Bulimia, come l’anoressia è frequente tra gli adolescenti, soprattutto di genere femminile (solo una percentuale molto bassa di ragazzi risulta soffrire di questa patologia). Le pazienti bulimiche utilizzano le relazioni interpersonali come un modo per ricevere emozioni; tuttavia, il più delle volte, queste arrivano sotto forma di “danni” nei confronti di se stesse e di punizioni che vengono spostate sul cibo. La fase bulimica rappresenta, quindi, il tentativo fallito di gestire il proprio mondo emozionale.
La Bulimia si suddivide nel:
– Tipo purgativo: il soggetto ricorre regolarmente, dopo l’abbuffata, a vomito autoindotto oppure all’uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri;
– Tipo non purgativo: il soggetto adotta comportamenti compensatori inappropriati, senza indursi mai il vomito o fare uso di lassativi.
Gli episodi bulimici sono scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia e stress e le cause possono essere di natura psicologica, sociale o biologica.
Le caratteristiche della Bulimia Nervosa sono:
– Ricorrenti abbuffate: mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo che il resto della popolazione mangerebbe in un tempo decisamente maggiore;
– Sensazione della mancanza di controllo su cosa si sta mangiando senza poter smettere creando una situazione di dipendenza da cibo;
– Atti compensatori ricorrenti ed inappropriati: si arriva ad utilizzare tecniche quali il vomito indotto, i lassativi, diuretici, attività fisiche eccessive, per evitare l’aumento di peso;
– Presenza di almeno due abbuffate settimanali per tre mesi;
– Valutazione dell’autostima influenzata dalla forma e dal peso corporeo.
I disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (NAS) rientrano in questa categoria pazienti con sintomi di Anoressia nervosa ma che presentano un ciclo mestruale regolare quindi con un indice di massa corporea non così grave; oppure ricorrenti episodi di abbuffate tipiche della Bulimia nervosa ma senza le normali condotte compensatorie inappropriate tipiche ti tale disturbo.
E’ una categoria che racchiude moltissimi disturbi non omogenei tra loro da classificarli sotto l’AN o la BN.
Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) si caratterizza soprattutto da parte di pazienti obesi attraverso episodi di consumo di grandi quantità di cibo, seguito da forti sensi di colpa quindi malessere psicologico, sofferenza verso se stessi e l’ambiente circostante. A differenza della Bulimia nervosa i soggetti che soffrono di DAI non arrivano a effettuare diete ferree, ad avere comportamenti di compenso e dare eccessivo valore alla magrezza; oltre che ad avere un aumento serio di consumo di cibo non solo durante le abbuffate ma anche durante la normale alimentazione. Altre caratteristiche del paziente che soffre di DAI sono:
– Mangiare molto più rapidamente del normale;
– Mangiare fino a sentirsi totalmente pieni;
– Mangiare quantità eccessive di cibo anche se spesso non si sente la sensazione della fame;
– Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo che si prova;
– Sentirsi disgustati di sé e del proprio stato arrivando a provare grandi sensi di colpa;
– Digiunare tutta la giornata per poi mangiare la sera in maniera eccessiva creando uno stato di malessere emotivo per l’eccesso di cibo assunto;
– Immediatamente dopo l’abbuffata si esprime il proposito di mettersi a dieta, la quale dura relativamente poco: è sufficiente una cena tra amici o in famiglia per sgarrare e ritrovare nel cibo l’unica fonte di conforto.
Il percorso psicoterapeutico
Il trattamento centrale per i Disturbi del Comportamento Alimentare è la Psicoterapia individuale o familiare con il paziente. L’azione psicoterapeutica è finalizzata ad indagare e rielaborare le conflittualità emotive e relazionali che si sviluppano nel rifiutare il cibo o avere un brutto rapporto con esso. Individuare precocemente l’insorgenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare è molto importante per la risoluzione dello stesso; anche se ciò è purtroppo molto difficile poiché il paziente spesso è il primo a non voler collaborare sia a livello inconscio (è convinto realmente di stare bene e di non avere nessun tipo di problema) sia coscientemente, mentendo alle persone che gli stanno intorno. Perciò il disturbo quando comincia ad essere affrontato con uno specialista giunge spesso in una fase avanzata.
Può quindi essere utile tener presente alcuni aspetti che possono nascondere la presenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare. Per esempio l’Anoressia Nervosa avrà una serie di sintomi visibili come:
- L’IMPROVVISA MAGREZZA NON MOTIVATA DA PARTE DELLO STESSO SOGGETTO (CHE NON DICHIARA IL DESIDERIO DI VOLER FARE UNA DIETA OPPURE ESPLICITA LA PRESENZA DI PERIODO DI STRESS O MALESSERE COME CAUSA DELL’APATIA NEL MANGIARE, ETC..).
- IL GONFIORE ADDOMINALE E L’AUMENTO DELLE PAROTITI, O INFIAMMAZIONE DELLE GHIANDOLE SALIVARI A CAUSA DEL VOMITO INDOTTO CHE PORTA ANCHE ALL’EROSIONE DELLO SMALTO DEI DENTI;
- LA PRESENZA SUL VISO E SUL CORPO DI LANUGGINE, UNA PELURIA ECCESSIVA CHE PRIMA DELLA MALATTIA NON C’ERA.
Inoltre sono presenti anche stili di comportamento della paziente anoressica come:
- LA DINAMICA DEL VOMITO INDOTTO, PER CUI CI SI CHIUDE IN BAGNO SUBITO DOPO OGNI PASTO PER LIBERARSI DAL CIBO APPENA INGERITO;
- IL BISOGNO DI EFFETTUARE UN ECCESSIVO ESERCIZIO FISICO DURANTE TUTTO L’ARCO DELLA GIORNATA CON L’OBIETTIVO DI BRUCIARE IL PIÙ POSSIBILE CALORIE E POTERE COSÌ CONTENERE IL PESO CORPOREO;
- IL BISOGNO DI DARE IL MASSIMO IN OGNI CAMPO DELLA PROPRIA VITA, QUINDI SE LA PAZIENTE IN QUESTIONE È PER ESEMPIO UNA STUDENTESSA, SUBENTRA UN COMPORTAMENTO QUASI MANIACALE VERSO LO STUDIO (STUDIARE TANTISSIMO OGNI GIORNO, OTTENERE SEMPRE IL MASSIMO DEI VOTI E QUALORA NON SI DOVESSE RAGGIUNGERE “IL VOTO MASSIMO” SUBENTRA UNA SENSAZIONE DI FORTE DISAGIO EMOTIVO).
Infine sono presenti tutta una serie di sintomi non così evidenti da far preoccupare le persone vicine al paziente anoressico:
- IRREGOLARITÀ MESTRUALE FINO AD ARRIVARE AD UNA TOTALE AMENORREA (ASSENZA DEL CICLO) A CAUSA DI UNO SBALZO ORMONALE;
- OVAIO POLICISTICO.
Invece, alcuni stili di comportamento del paziente bulimico, risultano essere:
- RICHIESTE CONTINUE DI VOLER EFFETTUARE DIETE SENZA POI RIUSCIRE MAI A RISPETTARLE;
- ALZARSI DI NOTTE PER BERE E MANGIARE;
- MANGIARE IN SOLITUDINE PER LA VERGOGNA DELLE QUANTITÀ DI CIBO CHE SI INGERISCONO.
I Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso accompagnati da altre situazioni di sofferenza psicologica. I più frequenti sono:
- FOBIE
- ATTACCHI DI PANICO
- PENSIERI MAGICI
- SINTOMI OSSESSIVI
- DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE E MEMORIA
- DISFORIA
- CLEPTOMANIA
- AUTOLESIONISMO
- ABUSO DI SOSTANZE
- DISTURBO DEPRESSIVO
In considerazione dei concetti espressi finora appare evidente che le patologie alimentari non si possono certo considerare un disturbo dell’appetito e qualsiasi terapia centrata esclusivamente sul sintomo non può che, nella migliore delle ipotesi, portare solo a risultati a breve termine. Pertanto solo un approccio fondato sull’inconscio e l’analisi delle paure più profonde può portare ad una di consapevolezza significativa ed all’acquisizione di modalità relazionali più sane e mature. Il disturbo del Comportamento Alimentare è un fenomeno incredibilmente complesso e multidimensionale. Non può essere affrontato solo da un punto di vista medico, dietetico o psicologico, ma anche aggredendo la malattia da tutti i diversi punti di vista professionali. Solo attraverso tale sinergia professionale i pazienti affetti da Disturbo del Comportamento Alimentare possono ottenere un recupero completo arrivando a condurre una vita normale e superare altri disordini sia fisici che psicologici; oltre che riuscire, con ottime probabilità, a ritornare ad un reinserimento sociale completo. Durante il percorso di cura i rischi peggiori sono dovuti al rifiuto e all’abbandono da parte del paziente che fino all’ultimo non sempre si dimostra complice e veramente motivato alla guarigione. Guarire da un disturbo del comportamento alimentare vuol dire in definitiva prendere coscienza di sé, della propria identità e della responsabilità con se stesso di diventare adulto in maniera completa. Questo è il motivo per cui parallelamente alla cura medica, che consente di riottenere un sano equilibrio corporeo, è importante agire sulle motivazioni al cambiamento e sulla volontà a metterlo in atto. Lo scopo della psicoterapia è quello di identificare e cambiare nel paziente i pensieri di sé disfunzionali e gli errori di elaborazione delle informazioni che riguardano la sfera emotiva e i comportamenti legati ad essa.
Il lavoro di équipe tra i diversi professionisti, nonché la condivisione delle competenze nei confronti del singolo paziente, permettono di trattare tutti i versanti che questa tipologia di disturbi mette in gioco, vale a dire: quello organico, psicologico, nutrizionale. Inoltre, un lavoro così inteso permette di ottenere il coinvolgimento del paziente stesso e di farlo riflettere sui diversi aspetti del proprio disagio.
Bibliografia:
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