Calorimetria

CALORIMETRIA

LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DEL CONTROLLO DEL PESO

 

Per conoscere il consumo di ossigeno – O2 e la produzione di anidride carbonica – CO2 del nostro organismo.


La 
Calorimetria Indiretta è una metodica essenziale nell’analisi dei fattori metabolici che condizionano il successo della terapia dimagrante. La valutazione del dispendio energetico offre la possibilità di stabilire e pianificare i fabbisogni nutrizionali.

L’utilizzo della calorimetria si basa sul fatto che l’energia assunta con gli alimenti come energia chimica viene trasformata nel nostro corpo in energia termica e cinetica.
A digiuno da 12 ore circa, a riposo termico,meccanico e psichico è possibile calcolare l’energia termica a riposo.
Il soggetto viene fatto respirare per 20 minuti attraverso uno spirometro che calcola il volume di ossigeno inspirato e il volume di anidride carbonica espirato.

Il consumo calorico, non solo può variare a seguito dello sforzo compiuto, ma confrontando persone di uguale peso, altezza ed età, a riposo, può dimostrare valori molto diversi che giustificano la difficoltà o la facilità nel controllo del peso.
Vi sono persone che anche a riposo hanno un elevato metabolismo che consente loro un facile controllo del peso.

CALORIMETRIA DI UNA PERSONA “FORTUNATA”

OSSERVANDO QUESTO GRAFICO CALORIMETRICO VEDIAMO COME TUTTE LE LINEE SIANO SOPRA IL CONSUMO MEDIO

  • Questa paziente di 32 anni alta 172 cm e peso 57 kg, consumando a riposo 609 calorie in più rispetto alle persone normali di uguale conformazione fisica ed età non ha difficoltà a conservare un fisico statuario. 

La calorimetria ci offre però altre interessanti specifiche a proposito di questi “modelli”

Il QR o (RQ), cioè il quoziente respiratorio, che indica gli alimenti degli ultimi pasti, e che se si segue una dieta perfettamente equilibrata dovrebbe essere compreso tra 0,80 e 0,85 in questo caso è di 0,82. In pratica pur mangiando tutto quello che vuole quando vuole la persona in esame, mangia esattamente ciò che deve.
Quando il QR è intorno a 1 indica un’alimentazione troppo ricca in carboidrati mentre più è basso più esprime il consumo del grasso di deposito.

Il QR (Quoziente Respiratorio) è il rapporto tra quantità di anidride carbonica eliminata e la quantità di ossigeno assorbita.

QR= CO2 (anidride carbonica eliminata) / O2 (ossigeno inalato)

1) Il QR ha il valore di 1 quando l’energia chimica assunta con l’alimentazione è ottenuta mangiando prevalentemente carboidrati.

2) Il QR compreso tra 0,8 e 0,85 indica una dieta controllata.

3) Il QR è inferiore a 0,8 quando si è finalmente a dieta.

 

  • QUELLO CHE SEGUE INVECE E’ UN ESEMPIO DI GRAFICO CALORIMETRICO DOVE IL CONSUMO CALORICO A RIPOSO E’ RISULTATO DI 1374 KCAL, QUINDI 186 IN MENO RISPETTO ALLA MEDIA DELLA POPOLAZIONE DI UGUALE PESO, ALTEZZA, SESSO ED ETA’.

 

 

Il dispendio energetico totale (TEE: Total Energy Expenditure o Total Daily Expenditure Energy) viene definito dalla somma di tre diverse componenti: metabolismo basale,termogenesi e attività fisica. La sua valutazione clinica è di notevole importanza in quanto ci dà la possibilità di stabilire le necessità energetiche e nutrizionali. Sulla base della TEE vengono infatti elaborati i fabbisogni nutrizionali della popolazione sana, intesi come livelli di energia derivata dal cibo per bilanciare il dispendio energetico individuale. Il concetto di bilancio energetico per la persona sana è codificato come quota calorica necessaria per mantenere costante la dimensione e la composizione corporea, per supportare l’attività fisica giornaliera.
Benchè l’aumento della percentuale di grasso e del peso corporeo siano principalmente da attribuirsi al bilancio energetico positivo aggravato dall’eccessiva secrezione insulinica e dall’insulinoresistenza, la difficoltà nel perdere peso è principalmente dovuta al metabolismo. Nei 200.000 anni di permanenza sul pianeta l’Homo Sapiens ha dovuto difendersi dalla carenza di cibo e così l’evoluzione della nostra specie ha introdotto sistemi di risparmio energetico che si fanno via via più importanti proprio in rapporto alla perdita di peso.
La terapia farmacologica è volta a contrastare questa situazione che per certi versi è fisiologica ma che può determinare un vero stato di prostrazione, pallore, caduta dei capelli, fragilità delle unghie e arresto del calo ponderale.

 

L’analisi calorimetrica è in grado di determinare anche la diminuzione del livello metabolico che consegue al dimagrimento.
E’ noto come, durante la dieta dimagrante, i primi chili si perdano facilmente mentre successivamente anche seguendo il regime dietetico che inizialmente aveva “funzionato” non solo vediamo il peso bloccarsi ma addirittura, vediamo l’ago della bilancia che riprende a salire. Viene voglia di lasciarsi andare. E’ questo il più frequente motivo di abbandono dei sacrifici fatti per cambiare il proprio comportamento alimentare. Finalmente questa situazione è misurabile, controllabile e curabile mediante una terapia che non deve far altro che riportare la situazione metabolica ai livelli iniziali. La prima calorimetria effettuata in fase iniziale ha lo scopo di valutare l’aderenza alla dieta attraverso l’esame del Quoziente Respiratorio (QR) e il livello metabolico espresso in calorie. Il QR deve risultare minore di 0,85 mentre se è più alto indica un’alimentazione troppo ricca in carboidrati e il livello metabolico REE (Rest Energy Expenditure) deve essere almeno uguale al valore del metabolismo basale calcolato in base al peso, all’altezza, e all’età secondo la formula di Henry Benedict.

 

 

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Obesità e insulinoresistenza

Si definisce insulino-resistenza o bassa sensibilità insulinica la condizione clinica o sperimentale in cui l’insulina esercita un effetto biologico inferiore a quello atteso.

 

L’insulinoresistenza può coinvolgere più organi e tessuti, fegato, muscolo scheletrico e tessuto adiposo, oppure anche solo un unico tipo cellulare, ad esempio la cellula muscolare scheletrica.
Nel singolo individuo il fenomeno può inoltre estendersi a numerosi processi biologici, dalla regolazione del metabolismo glucidico, lipidico e proteico, sino ad essere specifico per singole azioni ormonali, come quelle coinvolte nella sintesi di glicogeno. Quando si discute di insulinoresistenza in termini generici si allude al deficitario effetto biologico dell’insulina nel regolare il metabolismo glucidico, in pratica si ha un effetto ipoglicemizzante minore di quello atteso, con conseguente aumento della glicemia.
La sensibilità all’insulina di qualsivoglia processo biologico è una variabile continua e finora nell’uomo non sono stati definiti valori soglia oltre i quali si individua l’insulinoresistenza.
Pertanto si fa riferimento con l’espressione “bassa sensibilità insulinica”, ai più bassi valori fra quelli osservati nel campione in esame.

EZIOPATOGENESI DELLA BASSA SENSIBILITA’ INSULINICA

La bassa insulino-sensibilità ha una base genetica, ma è influenzata anche da fattori acquisiti e/o ambientali quali:

  • eccesso ponderale;
  • localizzazione prevalentemente centrale e soprattutto viscerale dell’adipe con rapporto positivo tra circonferenza della vita e delle cosce (W/H ratio >1);
  • bilancio energetico cronicamente positivo e scarsa attività fisica;
  • fumo di sigaretta.

Alcuni farmaci, sono in grado di ridurre la sensibilità dell’organismo all’insulinica, i più frequentemente chiamati in causa sono i glucocorticoidi, (il cortisone) i diuretici tiazidici (tenoretic, modiuretic, igroton) e i beta-bloccanti, (tenormin, seles beta, inderal).
Frequente in questi Pazienti è il riscontro di:

  • Ipertensione
  • Elevato tasso di trigliceridi
  • Digestione lunga e difficile accompagnata da sonnolenza dopo mangiato
  • Steatosi epatica e calcoli alla cistifellea

Molti di questi fattori possono essere soggetti ad un efficace intervento terapeutico.

Cluster di alterazioni che possono essere presenti nella sindrome da insulino-resistenza. In alto in grassetto sono riportate le alterazioni tradizionalmente ritenute più importanti, in basso quelle incluse più recentemente o meno frequenti.

  • Insulino-resistenza ed iperinsulinemia
  • Intolleranza al glucosio
  • Ipertensione arteriosa
  • Ipertrigliceridemia
  • Riduzione dei livelli circolanti di colesterolo HDL
  • Incremento dei livelli circolanti di LDL piccole e dense
  • Microalbuminuria
  • Iperuricemia
  • Aumento della viscosità ematica
  • Aumento del PAI-1
  • Riduzione dell’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA)
  • Iperfibrinogenemia

Una bassa sensibilità insulinica è rilevabile molto spesso, nel soggetto con diabete tipo 2, quello alimentare, o nei pazienti con ridotta tolleranza glucidica, soprattutto in presenza di sovrappeso o franca obesità e/o di altre alterazioni metaboliche quali dislipidemia e ipertensione arteriosa.

CRITERI DIAGNOSTICI DELLA SINDROME METABOLICA
(secondo il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1999).


La bassa sensibilità insulinica è un elemento patogenetico importante nello sviluppo del diabete tipo 2, ma essa non sembra essere sufficiente affinché il diabete si manifesti.

Raccomandazioni per lo Screening del Diabete delle Persone Asintomatiche

Tempi del primo esame della curva insulinemica e glicemica con test da carico di glucosio e ripetizioni successive:

– Esame a 45 anni di età con ripetizione ogni 3 anni: paziente di età maggiore o uguale a 45 anni

– Esame prima dei 45 anni di età con ripetizione più frequente dei 3 anni se il paziente ha uno o più dei seguenti fattori di rischio:

  • Obesità: >=120% del peso corporeo desiderabile o BMI >=27 kg per m2
  • Parenti di primo grado con diabete mellito
  • Fa parte di un gruppo etnico ad alto rischio (pelle nera, ispanico, pellerossa, asiatico)
  • Storia di diabete mellito gestazionale o parto di un bambino di peso superiore a 4.032 g (9 lb) Ipertensione (>=140/90 mm Hg)
  • Colesterolo HDL <35 mg per dL (0.90 mmol per L) e/o trigliceridi >=250 mg per dL (2.83 mmol per L)
  • Storia di IGT o IFG negli esami precedenti

BMI=Indice di Massa Corporea; HDL=Lipoproteine ad alta densità; IGT=alterata tolleranza del glucosio; IFG=alterata glicemia a digiuno.
Adattata dalla relazione del Comitato degli Esperti sulla Diagnosi e Classificazione del Diabete Mellito. Diabetes Care 1997;20:1183-97.

 

La malattia, infatti, non sembra comparire a meno che non sia presente una concomitante incapacità della beta-cellula pancreatica a compensare il rido tto effe tto biologico dell’insulina.
Al momento mancano indicazioni chiare sui criteri per definire la pre senza di una bassa sensibilità insulinica nel singolo individuo.
Sul piano clinico la presenza di una bassa se nsibilità insulinica può essere presunta sulla base della presenza dei seguenti cara tteri fenotipici, soprattutto se fra loro associati:

  • BMI >27
  • waist/hip ratio >1 nei maschi e >0.9 nelle femmine
  • GT o glicemia a digiuno >110 mg/dl 
  • HDL <40 mg/dl (femmine) o <35 mg/dl (maschi)
  • TG >250 mg/dl
  • Uricemia >7 mg/dl (maschi) o 6.5 mg/dl (femmine)
  • Ipertensione arteriosa essenziale (sistolica >14 0 e/o diastolica >90 mmHg )

 

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