I disturbi del comportamento alimentare (D.C.A.)

I Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) costituiscono l’insieme di tutte le sindromi psichiatriche che si manifestano attraverso un comportamento alimentare non corretto. Tale descrizione fa riferimento ai criteri espressi nel DSM IV. Rappresentano un argomento da trattare in gastroenterologia, dietologia, psicoterapia, psichiatria, endocrinologia, in quanto comportano una serie di alterazioni e complicazioni che vanno a colpire numerosi organi e apparati.

I disturbi del comportamento alimentare sono nella nostra società molto diffusi, più di quanto si pensi. La causa di tali disturbi riguarda diversi fattori, dalla genetica, alla familiarità, alla cultura propria dei paesi industrializzati ed occidentali. Le persone che soffrono di D.C.A. hanno un rapporto “particolare” con il cibo: esso diviene il collettore che raccoglie bisogni emotivi più inconsci.

I principali D.C.A. sono:

  • ANORESSIA NERVOSA (AN)
  • BULIMIA NERVOSA (BN)
  • DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE NON ALTRIMENTI SPECIFICATI
  • DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (DAI)

L’Anoressia Nervosa (AN) è una malattia e si contraddistingue dal rifiuto del cibo da parte della persona e dalla paura ossessiva di ingrassare. Nelle forme più gravi subentrano malnutrizione, amenorrea, emaciazione e inedia. L’anoressia è considerata la malattia della “società moderna”, nei paesi industrializzati è in continuo aumento, arrivando a classificare tutti i disturbi del comportamento alimentare come una vera e propria emergenza sanitaria. Un’altra caratteristica dell’anoressia è quella di essere un disturbo prettamente femminile: circa il 90% dei casi si sviluppa nel genere femminile. Tuttavia, la malattia negli ultimi anni risulta in grande crescita anche presso la popolazione maschile. Per il genere maschile però prevale un altro problema, non tanto quello di apparire magri, bensì quello di apparire il più possibile muscolosi; la dismorfia muscolare è considerata a tutti gli effetti un fenotipo dell’anoressia. Tale patologia si sviluppa soprattutto nel periodo adolescenziale in cui i mutamenti corporei sono molto forti ed evidenti, oltre che poco controllabili. Subentra la difficoltà ad accettare i cambiamenti corporei ritenuti minacciosi a differenza delle sicurezze infantili che non si vogliono abbandonare. Pertanto non si vuole crescere, si rifiuta un corpo sessuato e tutto ciò che ne consegue. Tale ribellione alla crescita avviene attraverso il controllo sull’unico elemento ritenuto sotto il proprio dominio: il corpo. E’ noto come un fattore cruciale nell’Anoressia sia il “Controllo” (come anche per la Bulimia ma con modalità opposte). La paziente Anoressica è la tipica “bambina perfetta”, che non ha mai dato problemi ai propri familiari e antepone sempre le esigenze degli altri alle proprie. La scelta anoressica diviene così la prima ribellione alle richieste esterne tenendo a freno la crescita del proprio corpo, continuando a non ascoltare i propri bisogni ed ignorando se stessa.

Un’altra interpretazione dell’anoressia sta nel rapporto madre-cibo: il rifiuto del cibo rimanda al rifiuto della madre e a una relazione simbiotica-affettiva conflittuale. Sovente nella famiglia dell’anoressica gli atteggiamenti di “rispetto”, “affetto” e “stima reciproca” non sempre vengono rispettati. Le figure dei genitori non sono percepite come forti e stabili, in grado di dare sicurezza e protezione; la figura maschile è spesso assente e svalutata e la donna si vive prima di tutto nel ruolo di madre piuttosto che di quello di donna e la figlia (il soggetto anoressico) si sovraccarica dei ruoli “mancanti” che non le spettano e soprattutto che non è in grado di reggere. In queste circostanze la malattia diviene un modo per accentrare l’attenzione su di sé senza farsi soffocare e fagocitare da una madre possessiva quando il padre è sentito come assente o totalmente fragile. La paziente anoressica non è in grado di riconoscere il proprio Sé come “nucleo di identità personale” e deve mettere in pratica delle forme di difesa dalla sensazione di frammentazione di Sé, attraverso il controllo del proprio corpo e quindi dell’ambiente che la circonda; in altre parole, non è in grado di riconoscere e di conseguenza gestire le emozioni: il mondo emozionale è totalmente chiuso e bloccato; prevarica il senso di solitudine.

L’anoressia si diagnostica nell’evidenziare nel paziente le seguenti caratteristiche:

– Magrezza estrema con il rifiuto della persona di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale;

– Forte paura di ingrassare anche se si è sottopeso;

– Preoccupazione estrema per il peso e la forma fisica;

– Rifiuto ad ammettere le gravità delle proprie condizioni fisiche e di salute;

– Insoddisfazione di sé;

– Amenorrea da almeno tre cicli consecutivi dopo il menarca;

– Disturbo di personalità evitante, dipendente e ossessivo compulsivo;

– Disagio psicologico espresso attraverso l’ansia, la depressione, attacchi di panico e difficoltà ad instaurare relazioni sane.

L’Anoressia si divide in due sottotipi:

– Tipo compulsivo: quando il paziente presenta condotte di eliminazione che esulano dal normale rifiuto del cibo (vomito autoindotto, uso esagerato di lassativi, diuretici o clisteri)

– Tipo restrittivo: quando il paziente si priva esclusivamente del cibo senza presentare i comportamenti sopra menzionati.

La Bulimia Nervosa (BN) è, insieme all’anoressia nervosa, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare e presenta le stesse dinamiche psico-patologiche dell’anoressia, ma sotto un versante opposto: l’anoressia porta il paziente ad un rifiuto totale del cibo, la bulimia conduce, invece, ad una ricerca costante, ma in modo compulsivo arrivando ad uno stato di dipendenza. Il paziente bulimico ingurgita una quantità di cibo eccessiva per poi ricorrere a diversi metodi per riuscire a non metabolizzarlo e ingrassare (quindi vomito indotto, lassativi, clisteri ect.); arrivando a non avere assolutamente più il controllo del proprio comportamento. La caratteristica dell’episodio bulimico è l’atteggiamento compulsivo con cui il cibo viene ingerito e non dal desiderio di mangiare uno specifico cibo. La Bulimia, come l’anoressia è frequente tra gli adolescenti, soprattutto di genere femminile (solo una percentuale molto bassa di ragazzi risulta soffrire di questa patologia). Le pazienti bulimiche utilizzano le relazioni interpersonali come un modo per ricevere emozioni; tuttavia, il più delle volte, queste arrivano sotto forma di “danni” nei confronti di se stesse e di punizioni che vengono spostate sul cibo. La fase bulimica rappresenta, quindi, il tentativo fallito di gestire il proprio mondo emozionale.

La Bulimia si suddivide nel:

– Tipo purgativo: il soggetto ricorre regolarmente, dopo l’abbuffata, a vomito autoindotto oppure all’uso inappropriato di lassativi, diuretici, clisteri;

– Tipo non purgativo: il soggetto adotta comportamenti compensatori inappropriati, senza indursi mai il vomito o fare uso di lassativi.

Gli episodi bulimici sono scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia e stress e le cause possono essere di natura psicologica, sociale o biologica.

Le caratteristiche della Bulimia Nervosa sono:

– Ricorrenti abbuffate: mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo che il resto della popolazione mangerebbe in un tempo decisamente maggiore;

– Sensazione della mancanza di controllo su cosa si sta mangiando senza poter smettere creando una situazione di dipendenza da cibo;

– Atti compensatori ricorrenti ed inappropriati: si arriva ad utilizzare tecniche quali il vomito indotto, i lassativi, diuretici, attività fisiche eccessive, per evitare l’aumento di peso;

– Presenza di almeno due abbuffate settimanali per tre mesi;

– Valutazione dell’autostima influenzata dalla forma e dal peso corporeo.

I disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (NAS) rientrano in questa categoria pazienti con sintomi di Anoressia nervosa ma che presentano un ciclo mestruale regolare quindi con un indice di massa corporea non così grave; oppure ricorrenti episodi di abbuffate tipiche della Bulimia nervosa ma senza le normali condotte compensatorie inappropriate tipiche ti tale disturbo.

E’ una categoria che racchiude moltissimi disturbi non omogenei tra loro da classificarli sotto l’AN o la BN.

Disturbo da alimentazione incontrollata (DAI) si caratterizza soprattutto da parte di pazienti obesi attraverso episodi di consumo di grandi quantità di cibo, seguito da forti sensi di colpa quindi malessere psicologico, sofferenza verso se stessi e l’ambiente circostante. A differenza della Bulimia nervosa i soggetti che soffrono di DAI non arrivano a effettuare diete ferree, ad avere comportamenti di compenso e dare eccessivo valore alla magrezza; oltre che ad avere un aumento serio di consumo di cibo non solo durante le abbuffate ma anche durante la normale alimentazione. Altre caratteristiche del paziente che soffre di DAI sono:

– Mangiare molto più rapidamente del normale;

– Mangiare fino a sentirsi totalmente pieni;

– Mangiare quantità eccessive di cibo anche se spesso non si sente la sensazione della fame;

– Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo che si prova;

– Sentirsi disgustati di sé e del proprio stato arrivando a provare grandi sensi di colpa;

– Digiunare tutta la giornata per poi mangiare la sera in maniera eccessiva creando uno stato di malessere emotivo per l’eccesso di cibo assunto;

– Immediatamente dopo l’abbuffata si esprime il proposito di mettersi a dieta, la quale dura relativamente poco: è sufficiente una cena tra amici o in famiglia per sgarrare e ritrovare nel cibo l’unica fonte di conforto.

Il percorso psicoterapeutico

Il trattamento centrale per i Disturbi del Comportamento Alimentare è la Psicoterapia individuale o familiare con il paziente. L’azione psicoterapeutica è finalizzata ad indagare e rielaborare le conflittualità emotive e relazionali che si sviluppano nel rifiutare il cibo o avere un brutto rapporto con esso. Individuare precocemente l’insorgenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare è molto importante per la risoluzione dello stesso; anche se ciò è purtroppo molto difficile poiché il paziente spesso è il primo a non voler collaborare sia a livello inconscio (è convinto realmente di stare bene e di non avere nessun tipo di problema) sia coscientemente, mentendo alle persone che gli stanno intorno. Perciò il disturbo quando comincia ad essere affrontato con uno specialista giunge spesso in una fase avanzata.

Può quindi essere utile tener presente alcuni aspetti che possono nascondere la presenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare. Per esempio l’Anoressia Nervosa avrà una serie di sintomi visibili come:

  • L’IMPROVVISA MAGREZZA NON MOTIVATA DA PARTE DELLO STESSO SOGGETTO (CHE NON DICHIARA IL DESIDERIO DI VOLER FARE UNA DIETA OPPURE ESPLICITA LA PRESENZA DI PERIODO DI STRESS O MALESSERE COME CAUSA DELL’APATIA NEL MANGIARE, ETC..).
  • IL GONFIORE ADDOMINALE E L’AUMENTO DELLE PAROTITI, O INFIAMMAZIONE DELLE GHIANDOLE SALIVARI A CAUSA DEL VOMITO INDOTTO CHE PORTA ANCHE ALL’EROSIONE DELLO SMALTO DEI DENTI;
  • LA PRESENZA SUL VISO E SUL CORPO DI LANUGGINE, UNA PELURIA ECCESSIVA CHE PRIMA DELLA MALATTIA NON C’ERA.

Inoltre sono presenti anche stili di comportamento della paziente anoressica come:

  • LA DINAMICA DEL VOMITO INDOTTO, PER CUI CI SI CHIUDE IN BAGNO SUBITO DOPO OGNI PASTO PER LIBERARSI DAL CIBO APPENA INGERITO;
  • IL BISOGNO DI EFFETTUARE UN ECCESSIVO ESERCIZIO FISICO DURANTE TUTTO L’ARCO DELLA GIORNATA CON L’OBIETTIVO DI BRUCIARE IL PIÙ POSSIBILE CALORIE E POTERE COSÌ CONTENERE IL PESO CORPOREO;
  • IL BISOGNO DI DARE IL MASSIMO IN OGNI CAMPO DELLA PROPRIA VITA, QUINDI SE LA PAZIENTE IN QUESTIONE È PER ESEMPIO UNA STUDENTESSA, SUBENTRA UN COMPORTAMENTO QUASI MANIACALE VERSO LO STUDIO (STUDIARE TANTISSIMO OGNI GIORNO, OTTENERE SEMPRE IL MASSIMO DEI VOTI E QUALORA NON SI DOVESSE RAGGIUNGERE “IL VOTO MASSIMO” SUBENTRA UNA SENSAZIONE DI FORTE DISAGIO EMOTIVO).

Infine sono presenti tutta una serie di sintomi non così evidenti da far preoccupare le persone vicine al paziente anoressico:

  • IRREGOLARITÀ MESTRUALE FINO AD ARRIVARE AD UNA TOTALE AMENORREA (ASSENZA DEL CICLO) A CAUSA DI UNO SBALZO ORMONALE;
  • OVAIO POLICISTICO.

Invece, alcuni stili di comportamento del paziente bulimico, risultano essere:

  • RICHIESTE CONTINUE DI VOLER EFFETTUARE DIETE SENZA POI RIUSCIRE MAI A RISPETTARLE;
  • ALZARSI DI NOTTE PER BERE E MANGIARE;
  • MANGIARE IN SOLITUDINE PER LA VERGOGNA DELLE QUANTITÀ DI CIBO CHE SI INGERISCONO.

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono spesso accompagnati da altre situazioni di sofferenza psicologica. I più frequenti sono:

  • FOBIE
  • ATTACCHI DI PANICO
  • PENSIERI MAGICI
  • SINTOMI OSSESSIVI
  • DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE E MEMORIA
  • DISFORIA
  • CLEPTOMANIA
  • AUTOLESIONISMO
  • ABUSO DI SOSTANZE
  • DISTURBO DEPRESSIVO

In considerazione dei concetti espressi finora appare evidente che le patologie alimentari non si possono certo considerare un disturbo dell’appetito e qualsiasi terapia centrata esclusivamente sul sintomo non può che, nella migliore delle ipotesi, portare solo a risultati a breve termine. Pertanto solo un approccio fondato sull’inconscio e l’analisi delle paure più profonde può portare ad una di consapevolezza significativa ed all’acquisizione di modalità relazionali più sane e mature. Il disturbo del Comportamento Alimentare è un fenomeno incredibilmente complesso e multidimensionale. Non può essere affrontato solo da un punto di vista medico, dietetico o psicologico, ma anche aggredendo la malattia da tutti i diversi punti di vista professionali. Solo attraverso tale sinergia professionale i pazienti affetti da Disturbo del Comportamento Alimentare possono ottenere un recupero completo arrivando a condurre una vita normale e superare altri disordini sia fisici che psicologici; oltre che riuscire, con ottime probabilità, a ritornare ad un reinserimento sociale completo. Durante il percorso di cura i rischi peggiori sono dovuti al rifiuto e all’abbandono da parte del paziente che fino all’ultimo non sempre si dimostra complice e veramente motivato alla guarigione. Guarire da un disturbo del comportamento alimentare vuol dire in definitiva prendere coscienza di sé, della propria identità e della responsabilità con se stesso di diventare adulto in maniera completa. Questo è il motivo per cui parallelamente alla cura medica, che consente di riottenere un sano equilibrio corporeo, è importante agire sulle motivazioni al cambiamento e sulla volontà a metterlo in atto. Lo scopo della psicoterapia è quello di identificare e cambiare nel paziente i pensieri di sé disfunzionali e gli errori di elaborazione delle informazioni che riguardano la sfera emotiva e i comportamenti legati ad essa.

Il lavoro di équipe tra i diversi professionisti, nonché la condivisione delle competenze nei confronti del singolo paziente, permettono di trattare tutti i versanti che questa tipologia di disturbi mette in gioco, vale a dire: quello organico, psicologico, nutrizionale. Inoltre, un lavoro così inteso permette di ottenere il coinvolgimento del paziente stesso e di farlo riflettere sui diversi aspetti del proprio disagio.

Bibliografia:

S. Scaglioni, M. Giovannini, C. Maffesis, E. Molinari; Salute & equilibrio nutrizionale; Springer (2006) Milano.

W. Gull, E. C. Lasègue; La Scoperta dell’anoressia; Mondadori (1998) Milano.

E. Rasotto, La Voce del Corpo; Counseling e tecniche espressive corporee nei disturbi del comportamento alimentare; Edizione Altravista (2010) Pavia.

G. Caviglia. F.Cecere; I disturbi del comportamento alimentare; Carocci Faber (2007) Roma.

S. W. Touyz, Y.Polivy, P. Hay; Disturbi dell’alimentazione; Giunti O.S. (2008) Firenze.

Stipsi o stitichezza

UN PROBLEMA SPESSO SOTTOVALUTATO…

La stipsi non è una malattia ma un sintomo. E’ un’alterazione dell’alvo caratterizzata dalla emissione infrequente e difficoltosa di scarse quantità di feci di consistenza aumentata per eccessiva disidratazione.

FUNZIONI DEL COLON

  • Riassorbimento di acqua ed elettroliti
  • Formazione e trasporto delle feci
  • Mixing dei contenuti
  • Nebulizzazione dei gas
  • Riempimento rettale efficace per una corretta espulsione delle feci

 

 

FUNZIONI DELLA REGIONE ANO-RETTALE 

  • Ricevere il materiale che supera la giunzione retto-anale impedendone la fuoriuscita se in volumi sub-soglia
  • Permettere il riconoscimento del contenuto
  • Elicitare la percezione del “bisogno di evacuare”
  • Assumere una conformazione atta all’espulsione del contenuto
  • Garantire la continenza tra una evacuazione e l’altra
  • Adattarsi alla necessità di evacuazione secondo regole “sociali”

 

DEFINIZIONE DI STIPSI

Quando si hanno meno di 2 evacuazioni a settimana.
Oppure quando si abbiano almeno 2 dei seguenti disturbi durante il 25% delle evacuazioni:

• Feci dure o caprine
• Sensazione di evacuazione incompleta
• Notevole sforzo evacuativo
• Utilizzo di manovre manuali
• Meno di 3 evacuazioni a settimana

CLASSIFICAZIONE CLINICA DELLA STIPSI

MODIFICAZIONI DELLE ABITUDINI ALIMENTARI NEI PAESI OCCIDENTALI NEGLI ULTIMI 100 ANNI

•↑ apporto di zuccheri raffinati
•↑ consumo di sodio (almeno 10 volte)
•↑ consumo di grassi saturi (almeno 4 volte) e di cibi ricchi di colesterolo
•↓ significativo dell’apporto di fibre alimentari e diminerali come potassio, magnesio, calcio e cromo.
•↓ consumo di grassi omega3, lipidi di membrana, vitamine e antiossidanti.

 

 

 FECALOMA

 

 

LASSATIVI DA CONTATTO

Essi determinano un incremento della secrezione intestinale e della motilità colica in virtù delle loro proprietà irritanti stimolando indirettamente le terminazioni nervose e quindi la motilità propulsiva. A questa categoria di lassativi appartengono la senna, la cascara, il rabarbaro, l’aloe, la glicerina.

POLISACCARIDI NATURALI O DI SINTESI

• Assorbono acqua nell’intestino
• Aumentano il volume e la consistenza delle feci
• Aumentano la funzione propulsiva
USO NON raccomandato nei pazienti confinati a letto o che non possono assumere il richiesto apporto di liquidi. A questi appartengono il mannitolo, il lattulosio, 

LASSATIVI OSMOTICI

A questa categoria appartengono i lassativi che determinano un aumento del transito intestinale attraverso un incremento della secrezione o una riduzione dell’assorbimento di acqua ed elettroliti senza evidenza di effetti collaterali nel lungo termine. Tra i prodotti di maggior utilizzo il PEG (polietilenglicole) che in medicina è chiamato Macrogol è risultato tra i più indicati nella terapia di lungo termine della stipsi cronica, non essendo metabolizzato dai batteri non determina produzione di gas e variazioni di pH. Il Macrogol non richiama acqua nel lume intestinale come invece fanno altri tipi di lassativi da contatto per cui non si verificano squilibri idro elettrolitici.

 

  • Il trattamento conservativo della stipsi del bambino con macrogol 4000 Maiullari E., Bianco E. R., Cortese M. G., Magro P., Guanà R., Vinardi S., Canavese F. Ospedale Infantile Regina Margherita Torino, Italia 
  • Corazziari E, Badiali D, Bazzocchi G, Bassotti G, Roselli P, Mastropaolo G, Lucà MG, Galeazzi R, Peruzzi E. Long term efficacy, safety, and tolerabilitity of low daily doses of isosmotic polyethylene glycol electrolyte balanced solution (PMF-100) in the treatment of functional chronic constipation. Gut 2000;46:522-6.
  • Klaschik E. et al Supportive Care in Cancer 2003;11:679-685 Attar A. et al GUT 1999; 44:226-230 

LUBRIFICANTI

• Olio di vaselina

 

 

 

 

 

 

Alimenti indicati per chi soffre di stipsi 

 

Bibliografia:

Tack J, Muller-Lissner S. Treatment of chronic constipation: current pharmacologic approaches and future directions. Clin  Gastroenterol Hepatol 2009;7:502-8.

Corazziari E, Badiali D, Bazzocchi G, Bassotti G, Roselli P, Mastropaolo G, Lucà MG, Galeazzi R, Peruzzi E. Long term efficacy, safety, and tolerabilitity of low daily doses of isosmotic polyethylene glycol electrolyte balanced solution (PMF-100) in the treatment of functional chronic constipation. Gut 2000;46:522-6.

Eoff JC. Optimal treatment of chronic constipation in managed care: review and roundtable discussion J Managcare Pharm 2008; 14:1-15.

Bharucha AE, Pemberton JH, Locke GR. American Gatroenterological Association technical review on constipation. Gastroenterology 2013; 144:218-38.

Suares NC, Ford AC. Systematic review: the effects i the management of chronic constipation. Aliment Pharmacol Ther 2011; 38:895-901.

Ford AC, Suares NC. Effect of laxatives and pharmacological therapies in chronic idiopathic constipation: systematic review and mata-analysis. Gut 2011; 60:209-18.

Longstreth GF, Thompson WG, Chey WD, Houghton LA, Mearin F, Spiller RC. Functional bowel disorders Gastroenterology 2006; 130:1480-91.

Wong BS, Camilleri M, McKinzie S, Burton D, Graffner H, Zinsmeister AR. Effects of A3309, an ileal bile acid transporter inhibitor, on colonic transit and symptoms in females with functional constipation. Am J Gastroenterol 2011; 106:2154-64.

 

 

Test genetici per la salute e il peso

TEST GENETICO DNA E DIETA

Attraverso le recenti scoperte nell’ambito della nutrigenetica, è oggi possibile capire come il nostro corpo reagisce a determinati alimenti.
I test genetici sono mirati a ricercare eventuali intolleranze al lattosio e glutine, a individuare polimorfismi che alterano il metabolismo della vitamina D, dell’acido folico, degli zuccheri, dei lipidi.
Effettuando il test si ottiene quindi il referto dettagliato dei risultati, con le eventuali positività a intolleranze od alterato metabolismo. Sulla base dei risultati viene fornita una lista di alimenti di cui è consigliato aumentare o diminuire il consumo, per iniziare da subito la propria alimentazione nutrigenetica personalizzata.
Seguendo un’alimentazione geneticamente compatibile si perde più peso e con minori difficoltà e si mantengono nel tempo i risultati ottenuti molto più facilmente rispetto ai classici regimi dietetici.

POLIMORFISMI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E SPORT 

La nutrigenetica permette oggi di conoscere gli alimenti che peggiorano lo stato fisico della persona  e quelli che lo migliorano, in modo da poter personalizzare il piano nutrizionale sulla base del proprio DNA anche attraverso test che coinvolgono la prestazione sportiva.
Lo screening comprende test indicativi dello stato del tessuto muscolare sia in termini di resistenza all’affaticamento che alla capacità di rispondere a stress esterni.
Viene analizzata la possibilità di lesioni spontanee in seguito a sforzi prolungati, lo stato infiammatorio generale che può compromettere la prestazione sportiva, la capacità dell’organismo di rispondere allo stress ossidativo.
Sulla base dei risultati viene fornita una lista di alimenti di cui è consigliato aumentare o diminuire il consumo, ed una dieta di cinque pasti giornalieri su dieci , per iniziare da subito la propria alimentazione nitrigenetica personalizzata.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E ANTI INVECCHIAMENTO

Il test, nel dettaglio, nasce dall’evidenza scientifica che indagando specifiche sequenze nel nostro DNA ed applicando le opportune strategie per contrastare l’espressione di determinati polimorfismi si riesce a minimizzarne gli effetti del tempo.
Tali studi hanno portato oggi a conoscere gli alimenti che possono contribuire sia positivamente, sia negativamente e quindi determinare l’invecchiamento.
Quando si parla di anti-invecchiamento via immediata l’associazione al concetto estetico dell’invecchiare; pochi si soffermano a pensare che invecchiare bene ed in salute si traduce anche in un benessere psico-fisico, che si può percepire anche esteriormente.

Studi di genetica di nutrizione hanno inoltre chiarito i meccanismi molecolari alla base di questa stretta relazione tra i nutrienti e l’invecchiamento. Infatti, i nutrienti contenuti nei diversi alimenti, sono in grado di influenzare l’espressione dei nostri geni, cioè di “accendere” o “spegnere” specifiche sequenze sul nostro DNA. Tali studi hanno portato oggi a conoscere gli alimenti che possono contribuire sia positivamente, sia negativamente, a determinare l’invecchiamento.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E GERIATRIA

La conoscenza del nostro DNA può fornire indicazioni indispensabili per accompagnare l’anziano verso l’invecchiamento fisiologico in condizioni di benessere, attraverso la scelta di alimenti più adatti alla genetica individuale.
Adottare opportuni cambiamenti del proprio regime alimentare a stile di vita permetterà di tenere sotto controllo l’espressione di queste predisposizioni genetiche nella maniera più semplice ed efficace prima che incidano sul benessere individuale nelle varie tappe del processo di invecchiamento.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E PSICHE

La depressione non è una “malattia mentale” ma una vera e propria patologia (Jamie Flexman) che si può prevenire e curare. Chi non ha mai sofferto di depressione o di disturbi dell’umore difficilmente potrà capire come ci si sente. La depressione è subdola, arriva all’improvviso quando meno te lo aspetti e cambia totalmente la tua vita, il tuo modo di essere e di rapportarti al mondo esterno.
La depressione, e i disturbi dell’umore in genere, possono avere varia origine tra cui quella genetica: si nasce geneticamente predisposti. Questo che sembra un destino “inevitabile” può essere affrontato e corretto.

E tutto questo solo attraverso la conoscenza del proprio DNA e assumendo i nutrienti più adatti alla propria genetica.

GENI ANALIZZATI

 

 

Gastropanel

Tranquillità per il tuo stomaco

Il Gastropanel rappresenta un test che permette di diagnosticare, con un semplice prelievo di sangue, una gastrite determinata da Helicobacter Pylori e soprattutto valutare la gravità dell’infiammazione / infezione dello stomaco.

Questa analisi, che si compie sul siero, permette inoltre di indicare la parte della mucosa gastrica più colpita e se vi è la produzione in eccesso di acido che può condizionare un reflusso esofageo con forte sintomatologia.

Gastropanel si compone di più dosaggi di sostanze prodotte dallo stomaco e dal dosaggio degli anticorpi contro L’Helicobacter Pylori.

 

I PEPSINOGENI

Sono sostanze che vengono prodotte dallo stomaco. Il Pepsinogeno I viene prodotto dalla parte alta dello stomaco (Corpo e Fondo). Il Pepsinogeno II viene prodotto da tutto lo stomaco (Corpo, Fondo ed Antro). Quando vi è gastrite, si ha una sofferenza delle cellule dello stomaco, che producono meno Pepsinogeno I e II, vista la diversa collocazione della produzione di queste sostanze, si può dedurre in quale parte dello stomaco la gastrite è più grave o ha colpito maggiormente.

GASTRINA 17

E’ un ormone prodotto dalla parte bassa dello stomaco (Antro). I suoi dosaggi possono indicare una patologia dell’antro e/o una iperacidità quando la gastrite è fortemente aggravata.

ANTICORPI ANTI HELICOBACTER PYLORI

Il dosaggio di questi anticorpi permette di individuare il contatto con il batterio in questione che sopravvive e si sviluppa nella mucosa gastrica sviluppando infiammazioni croniche che possono evolvere in severe gastriti, nell’ulcera peptica ed anche nel carcinoma dello stomaco. Più del 50% della popolazione ha contratto l’infezione da Helicobacter Pylori.

RISULTATI

L’interpretazione dei risultati viene eseguita mediante un’elaborazione informatica.

Questa valutazione può fornire più indicazioni cliniche vantaggiose per il medico curante:

  1. Presenza di Dispepsia funzionale senza gastrite
  2. Presenza di Gastrite da Helicobacter Pylori
  3. Presenza di Gastrite Atrofica con valutazione di gravità
  4. Valutazione delle condizioni della mucosa del Fondo, Corpo ed Antro dello stomaco  (normale, gastrite, gastrite atrofica)
  5. Presenza di Iperacidità che può condizionare reflusso esofageo fortemente sintomatico.

GASTROPANEL è quindi un test che permette, con un prelievo ematico, di dare al clinico informazioni importanti per il paziente con patologia gastrica, consigliando l’evoluzione delle pratiche diagnostiche soprattutto per l’esecuzione appropriata di una gastroscopia.

 

 

 

Bibliografia:

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Le caratteristiche della gastrite atrofica in pazienti con patologia da riflusso erosivo (ERD) c non­ erosivo (NERD)
Department of Internal Medicine, Korea University College of Medicine, Seoul, Korea; Department of Internal Medicine, Inje University College of Medicine, Busan, Korea.

A. Sudraba, I. Kikuste, I. Daugule, K. Fnnka, I. To1manis, A. Vanags, D. Janchmskas, L. Jonaitis, L. Kupcinskas, A. Ivanauskas, c M. Leja
Ottimizzazione del monitoraggio a lungo termine dei livelli di pepsinogeno a seguito dell’eradicazione di Helicobacter pylori.
University of Latvia, Riga, Latvia; Riga East University Hospital, Riga, Latvia; Digestive Disease Centre GASTRO, Riga, Latvia; Kalmas University of Medicine, Kaunas, Lithuania.

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La selezione dei pazienti da sottopone alla seconda gastroscopia
Herttoniemi Hospitai, City of Helsinki, Helsinki, Finland; Haartman Institute, University of Helsinki, Helsinki, Finland; Biohit Oy, Helsinki, Finland; Department of Medical Sciences, University of Uppsala, Uppsala, Sweden.

Y. Talebkhan, F. Ebrahimzadeh, A. Farjnddoost, A. Oghalaie, A. Morakabati   A. Nahvvijou e M. Mohammadi
I livelli di pepsinogeno nella messa a punto di programmi di screening del cancro allo stomaco presso popolazioni iraniane a rischio.
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D.M.M. Oueiroz, G.A. Rocha, A.M.C. Rocha, F.F. Melo, S.D. Carvalho, P.F.S. Bittencourt, L.P.F. Castro e J.E. Crabtree
 Infezione da Helicobacter Pylori, IL-1Beta e anemia da deficienza di ferro in pazienti in età pediatrica
Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, Brazil; Leeds Institute of Molecular Medicine, Leeds, UK.

 

 

 

Breath test al lattosio

Le intolleranze alimentari costituiscono un capitolo importante nella patologia del tubo digerente e possono condizionare sintomatologie croniche, difficili da diagnosticare.


Una intolleranza alimentare molto conosciuta e molto diffusa è rappresentata dall’intolleranza al lattosio, principale zucchero presente nel latte e nei suoi derivati.
In Italia circa il 40-50% della popolazione è portatore di questa patologia con sintomatologia di differente gravità.

CAUSE

L’intolleranza al lattosio è una forma diffusa di carenza intestinale dell’enzima LATTASI.
Questo enzima è prodotto dalle cellule della prima parte del nostro tubo digerente, l’intestino tenue, e agisce sul lattosio, zucchero del latte.

Si tratta di uno zucchero composto da due unità semplici il glucosio e il galattosio.

La lattasi divide questo zucchero complesso nei suoi componenti semplici: solo in questo modo il nostro intestino è in grado di assorbire questi zuccheri.
Una carenza dell’enzima digestivo causa l’incapacità intestinale a digerire il lattosio che passa senza essere digerito nel nostro intestino tenue, raggiungendo l’ultima parte del nostro tubo digerente: il colon.
Nel colon risiede la microflora intestinale che aggredisce il lattosio provocando per fermentazione produzione di gas.

PRINCIPALI SINTOMI

I sintomi principali sono causati dell’intensa fermentazione e produzione di gas che il lattosio, non digerito e metabolizzato dalla microflora, produce a livello del colon.
I sintomi si manifestano 1-2 ore dopo il pasto contenente il latte o suoi derivati e sono principalmente:

  1. Gonfiore intestinale con presenza di gas (flatulenza)
  2. Dolori addominali
  3. Diarrea

Il gas prodotto dalla fermentazione causa flatulenza e gonfiore nelle pareti intestinali e questa distensione del colon produce dolore, a volte intenso e crampiforme.
Il lattosio non digerito attira per osmosi acqua dal nostro organismo nel lume intestinale, provocando diarrea acida.
Questa sintomatologia è differente fra paziente e paziente con manifestazioni di varia intensità a seconda del grado di carenza dell’enzima intestinale “Lattasi”.

 

Il test in questione è sicuro, affidabile, specifico e di semplice esecuzione e si basa su un meccanismo diagnostico molto semplice: il lattosio non digerito, per carenza intestinale dell’enzima lattasi, viene metabolizzato dalla nostra flora intestinale e produce idrogeno (H) che viene assorbito e rilevato nel respiro.
Il paziente raccoglierà con provette apposite il proprio respiro, prima e dopo aver digerito una soluzione con 25 grammi di lattosio.
L’intolleranza alo zucchero del latte può essere quindi dimostrata dall’aumento della concentrazione di idrogeno nel respiro raccolto ogni 30 minuti per 3 ore dopo l’ingestione della soluzione diagnostica.
Questo test permette di diagnosticare con certezza l’intolleranza al lattosio, indirizzando il clinico ed il paziente verso scelte alimentari corrette.

 

Lipidomica

CHE COSA E’ LA LIPIDOMICA?

La lipidomica è una disciplina innovativa che studia i lipidi in modo dinamico, ovvero seguendo i cambiamenti del metabolismo dei grassi durante gli eventi fisiologici e patologici a cui l’organismo va incontro. In particolare vengono effettuate delle indagini sulla membrana cellulare del globulo rosso, in modo tale da valutare e seguire il destino degli acidi grassi saturi ed insaturi del soggetto, mettendo in luce sia il bilanciamento dei diversi tipi di acidi grassi sia la presenza di fenomeni di degradazione e trasformazione ad opera dei radicali liberi. Sulla base delle più attuali conoscenze scientifiche in lipidomica e stress radicalico, Lipinutragen ha sviluppato un metodo originale per la valutazione del globale equilibrio della membrana cellulare, sia in condizioni fisiologiche che patologiche.

Tramite il test si possono fornire indicazioni nutrizionali personalizzate. Il test infatti verifica la presenza di deficit di acidi grassi essenziali o eventuali disequilibri.
Il referto si compone di 4 parti dove vengono indicati:

  1. i valori e le percentuali degli acidi grassi della membrana eritrocitaria del soggetto a confronto con l’intervallo dei valori di normalità;
  2. la lettura ragionata delle piste con grafico e indice MUI -Membrane Unbalance Index;
  3. consigli nutrizionali con alimenti permessi, da consumare con moderazione o vietati;
  4. suggerimenti per l’intervento nutraceutico

 

Impedenziometria

L’Impedenziometro è uno strumento sofisticato e di semplice utilizzo che consente di misurare l’impedenza del corpo umano attraverso la quale è possibile scomporre il peso di una persona in massa magra, massa grassa, acqua intra ed extracellulare. L’esame impedenziometrico serve per capire se siamo magri pur pesando molto o invece grassi pur pesando poco. 

Questo esame è fondamentale per poter rispondere a quesiti importanti in questa branca della Medicina Funzionale:

Soffro di ritenzione idrica?

Mi sento gonfia, ho l’impressione di essere piena di acqua! 

Perché un tempo, anche se ingrassavo molto, appena mi mettevo a dieta perdevo peso invece ora non ci riesco più?

Quanto dovrei pesare?

Perché mi vedo sempre grasso pur avendo perso molto peso? 

 

ANALISI DATI IMPEDENZIOMETRICI

Il peso totale deve essere scomposto in massa grassa e massa magra da questa poi l’impedenziometro estrapola la massa muscolare che rappresenta la componente metabolicamente più attiva e che consente di calcolare il metabolismo basale ovvero il consumo calorico non legato all’attività fisica. Si è grassi non in rapporto al peso fatto registrare sulla bilancia ma in base al grasso che allo specchio vediamo appesantire la nostra fisionomia e che ora è diventato una misura facilmente accertabile. Pertanto se sono alto 170 cm – peso 100 kg e ho una massa grassa del 30% allo specchio non vedrò il corpo di un culturista dalle grosse membra scolpite dalla fatica ma quello di una persona sedentaria grassa, e anche se perdo 30 kg e ho raggiunto il peso che può essere considerato ottimale per la mia altezza secondo il calcolo del BMI (Body Mass Index = Kg/m²) mi vedrò sempre come un sedentario grasso anche se deperito qualora la percentuale di Massa Grassa rimanesse del 30%. La perdita della massa muscolare – diminuendo il dispendio energetico basale – comporta una maggiore facilità ad ingrassare, stanchezza, pallore, svogliatezza e bisogno di quegli alimenti ad alto Indice Glicemico: dolci – frutta – prodotti da forno – bevande energetiche che sono i più difficili da “smaltire”.

Secondo la legge di Ohm, tutte le sostanze offrono una resistenza al passaggio di una corrente elettrica e questo vale anche per il corpo umano.
Pertanto l’impedenza del corpo è proporzionale alla diminuzione di tensione che si riscontra alle sue estremità, quando esso è attraversato da una corrente elettrica alternata.

Il tessuto adiposo ha meno acqua e pertanto offre una resistenza maggiore rispetto al tessuto muscolare. Con gli elettrodi posti su mani e piedi, la persona deve assumere una posizione distesa, rilassata, con braccia e gambe allargate. L’impedenziometro, collegato tramite elettrodi al paziente, misura la resistenza che il corpo oppone al passaggio di una corrente debolissima ad altissima frequenza (50.000 Hz), del tutto inavvertita dal paziente. Ricavato il valore dell’impedenza corporea, tramite alcuni algoritmi e con l’ausilio di un computer, si risale al contenuto di acqua corporea, intra ed extra cellulare e, ai valori di massa magra e di massa grassa.

È riscontrato che l’angolo di fase di una persona sana oscilla fra i 4 ed i 15 gradi, in relazione soprattutto alla capacità delle membrane cellulari di rallentare il flusso di corrente. Pertanto, l’angolo di fase può essere assunto come un indice prognostico dello stato d’integrità delle membrane cellulari.
Le dimensioni della reattanza (Xc) e della resistenza (R) appaiono regolate matematicamente e geometricamente, vedi legge di Pitagora. Dall’impedenza e dall’angolo di fase (Φ), si posso ricavare R e Xc, e non viceversa.

 

Bibliografia:

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Holter Metabolico

Holter Metabolico

Come già avviene per la pressione arteriosa o per la funzionalità cardiaca o per il reflusso gastro-esofageo, anche per l’analisi accurata del consumo calorico è finalmente possibile misurare, per diversi giorni, il comportamento individuale. In pratica attraverso il rilevatore messo al braccio è possibile sapere non solo quante calorie si sono consumate nelle ventiquattro ore ma addirittura, quante di queste hanno raggiunto l’intensità che può consentire di modificare la composizione corporea, vale a dire aumentare i muscoli e diminuire gli accumuli di grasso. In questo modo è possibile rispondere scientificamente a una domanda molto frequente:
<per quale motivo pur andando in palestra tre volte a settimana non perdo peso?>

L’Armband è un rivoluzionario monitor multi-sensore che, indossato a “fascia” sul tricipite del braccio dominante, permette un campionamento continuo di alcune variabili fisiologiche e dell’attività fisica. Da questi dati è possibile estrapolare:
1) calorie consumate; 2) intensità e durata dello sforzo fisico; 3) sudorazione; 4) disturbi del sonno.

Infatti, per mezzo dell’Holter metabolico, che funziona come una sorta di macchina della verità, è possibile sapere quante ore la persona trascorre in maniera “sedentaria”, cioè vigile ma senza fare movimento, guardando la televisione, davanti al computer, leggendo il giornale o semplicemente oziando e, quando si sta coricati, ma ci si rigira nel letto e, quando si dorme il sonno ristoratore e normale. Sono svelati, anche quei risvegli dei quali al mattino non abbiamo ricordo e, che sono il motivo del senso di stanchezza e fatica, dei quali non sappiamo dare una spiegazione plausibile, dal momento che ci si è appena alzati dal letto! Tutto ciò, in condizioni assolutamente fisiologiche durante la vita di tutti i giorni e in qualsiasi ambiente.

Si tratta dello strumento ideale per valutare l’attività del Paziente, non solo allo scopo di conoscere il vero dispendio energetico medio, nel corso di una settimana tipo, ma anche per il controllo, dose-beneficio, dei farmaci impiegati nella cura dell’insonnia, nel diabete mellito e insulino-dipendente.

La quantità di insulina necessaria diminuisce quando migliora lo stile di vita. Inoltre, l’Holter metabolico è utile nello sportivo perché, consente di assumere gli integratori nel momento e nella quantità necessarie, in base allo sforzo agonistico e, alla sua intensità, che lo strumento misura in mets”.  Un M.E.T. (Metabolic Equivalent of Task) è l’unità di misura impiegata per indicare l’intensità di uno sforzo fisico.
 Un MET è definito come la spesa energetica a riposo di un individuo adulto medio, equivale a 3,5 ml di consumo di ossigeno per Kg di peso corporeo al minuto. Semplificando possiamo dire che:

1MET= 1Kcal X 1Kg corporeo X 1ora

 

La QUALITA’ del sonno è fondamentale perché ci si possa sentire energici e riposati al risveglio. Il semplice russare di notte o nei casi più gravi le apnee notturne possono essere il motivo di un sonno interrotto e del malessere avvertito durante il giorno. La patologia dell’insonnia può avere caratteristiche molto diverse e per essere affrontata correttamente deve poter essere analizzata con precisione. 
A che ora abitualmente ti svegli? Una volta coricato, quanto tempo impieghi ad addormentarti? Vai a dormire nel pomeriggio?
Inoltre per mezzo del rilevatore è possibile scoprire se la causa del risveglio notturno coincide con un picco della temperatura cutanea e del grado di sudorazione, come per indicare il momento in cui l’incubo ci ha coinvolto al punto di dover interrompere il sonno.

 

ESEMPIO GRAFICO HOLTER METABOLICO:

 

Bibliografia:

Jonathan Myers  EXERCISE CAPACITY AND MORTALITY AMONG MEN REFERRED FOR EXERCISE TESTING  N.Engl. J. Med. 2002, 346:793-801
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Kristen M. Polzien, John M. Jakicic, Deborah F. Tate and Amy D. Otto* The Efficacy of a Technology-based System in a Short-term Behavioral Weight Loss Intervention Obesity. 2007;15:825– 830

Intolleranze alimentari

Per mezzo di un prelievo di sangue venoso opportunamente centrifugato, si valuta al microscopio, la reazione degli elementi corpuscolati del sangue del paziente. Quando i globuli bianchi entrano in contatto con alimenti e sostanze chimiche opportunamente selezionate si determina una reazione che viene misurata con un punteggio.
Spesso proprio i cibi che più piacciono possono scatenare reazioni imprevedibili mettendo in allarme il nostro sistema immunitario. Per ogni individuo le incompatibilità alimentari, talvolta assolutamente insospettabili, producono disturbi che si manifestano anche a distanza di 15 o 72 ore dall’ingestione dell’alimento incriminato.
E’ necessario fare una distinzione fra le allergie classiche, che si manifestano immediatamente con l’assunzione del cibo responsabile della reazione Ig E mediata, e le intolleranze.
Come frequentemente accade nel lattante, maggiormente interessato dai fenomeni di intolleranza, anche nell’adulto la permeabilità della membrana intestinale verso determinate tossine è responsabile di sintomi spiacevoli e aspecifici.
L’integrità della mucosa intestinale è minata da fenomeni infiammatori, come le classiche coliti, e da meccanismi immunologici locali come quelli esercitati dagli anticorpi IgA secreti nel muco che ricopre e protegge la parete intestinale.
Un’incompleta digestione dei cibi può determinare la formazione di macromolecole proteiche oppure di polisaccaridi ad alto peso molecolare che infilandosi tra le giunzioni delle cellule enterocitarie “thigt junctions” del colon e formano tossine.
Quando aumentano i tempi di contatto tra la mucosa intestinale e gli antigeni alimentari, a causa di alterazioni della flora batterica o stipsi, si possono verificare fenomeni infiammatori.

Le intolleranze, pertanto, possono essere considerate come delle reazioni avverse, non IgE mediate, causate dall’accumulo intestinale di macromolecole che determinano l’intervento di cellule immunocompetenti.

Questa condizione si ripercuote sulla salute del paziente con fenomeni di disbiosicolitestipsi, crampi addominali detrminando una sorta di circolo vizioso che aggrava i sintomi.
La reattività del nostro organismo verso i cibi responsabili della formazione di quelle macromolecole è valutata mettendo a contatto globuli bianchi, piastrine e globuli rossi con una microscopica quantità dell’alimento da testare.
Il comportamento delle cellule viene osservato utilizzando un microscopio: se le cellule non subiscono alterazioni, l’elemento lo si considera normale quindi non reattivo. Quando i globuli bianchi ingrandiscono fino a esplodere o quando si formano delle caratteristiche aggregazioni, l’alimento è considerato dannoso.

I livelli di reazione sono quattro, indicati annerendo una delle quattro caselle presenti accanto al nome dell’elemento in esame.

SINTOMI LEGATI ALLE INCOMPATIBILITA’ ALIMENTARI

SINTOMI GENERALI: Stanchezza, ritenzione idrica, occhi cerchiati, sonnolenza postprandiale, alitosi, aumento della sudorazione.

APPARATO RESPIRATORIO: difficoltà di respirazione, asma, tosse, rinite allergica, sinusite.

APPARATO GASTRO-ENTERICO : gonfiore, senso di nausea, dolori e crampi addominali, gastrite, colite, disturbi dell’alvo (diarrea, stpsi), eruttazione, aerofagia, prurito anale, emorroidi.  

APPARATO CUTANEO: prurito locale e generalizzato, acne, eczema, dermatiti, vari tipi di lesioni dermatologiche, psoriasi.

APPARATO UROGENITALE: cistiti, infiammazioni urogenitali, sindrome premestruale.

 

 

Bibliografia

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Disbio test

Il disbiosi test, effettuato in studio, è un presidio di laboratorio in grado di valutare e monitorare i pazienti che evidenziano uno stato di disbiosi intestinale.

Il test, non invasivo, permette di dosare a livello urinario 2 markers della disbiosi che sono metaboliti dell’aminoacido triptofano:

– INDICANO determinato colorimetricamente.
– SCATOLO determinato con metodica cromatografica.

 

 

Per cause legate ad un’alimentazione poco equilibrata, ritmi lavorativi stressanti, mancanza di attività fisica, utilizzo di farmaci specifici (antibiotici, lassativi, anticoncezionali), la flora batterica intestinale può alternarsi e provocare la disbiosi intestinale, una vera e prorpia malattia, caratterizzata da alcuni sintomi ben definiti.
Secondo quanto attualmente riportato in letteratura i principali disturbi e patologie correlabili alla disbiosi intestinale sono :

Una dieta poco equilibrata, caratterizzata dall’assunzione di alimenti ricorrenti, è dannosa per l’intestino ed impedisce all’organismo di ottenere il giusto apporto calorico e nutritivo.
L’alimentazione scorretta è in genere affiancata da uno stile di vita irregolare che altera il ritmo sonno-veglia con inevitabili ripercussioni negative sull’intestino.
La disbiosi può essere causata anche dallo stress generato da una attività lavorativa intensa, dagli impegni pressanti e dalle responsabilità quotidiane. Lo stress professionale lascia ben poco tempo allo svolgimento di attività fisica e ciò crea una condizione di affaticamento e nervosismo nell’organismo.
Un’ulteriore causa è costituita dall’assunzione di farmaci quali antibiotici, antinfiammatori, antinfluenzali, antidepressivi, anticoncezionali e ansiolitici che agiscono sui sintomi della malattia ma anche sulla flora batterica, danneggiandola.
Anche metalli pesanti quali alluminio, mercurio, piombo, che possono arrivare nell’intestino attraverso la catena alimentare, possono danneggiare la flora batterica.

L’Indolo e lo Scatolo sono metaboliti dell’aminoacido Triptofano, presente in molte proteine sia animali che vegetali, il loro aumento eccessivo consente di verificare l’eventuale presenza di alterati ed eccessivi fenomeni fermentativi e/o putrefattivi a livello intestinale.
L’aminoacido Triptofano normalmente assunto con la dieta subisce, ad opera di alcune specie batteriche intestinali, un processo di metabolizzazione che comporta, dal punto di vista biochimico, la perdita di una catena laterale con produzione di un metabolita che prende il nome di Indolo.

L’Indolo, così prodotto, viene assorbito a livello della mucosa intestinale e attraverso il circolo entero-epatico giunge al fegato dove è trasformato in Indicano per essere poi escreto dai reni con le urine.

La concentrazione di INDICANO nelle urine è un indice dei fenomeni putrefattivi ad opera di alcune specie batteriche come Proteus e Klebsiella, perché come abbiamo visto l’INDICANO è il risultato della trasformazione da parte della flora batterica del TRIPTOFANO assunto con i cibi. Sostituendo gli atomi d’idrogeno dell’indolo con vari radicali si hanno derivati più o meno tossici i quali, eliminati con l’urina, dànno luogo ai pigmenti urinari. Un’alterazione della flora batterica intestinale come potrebbe essere l’eccessiva crescita di particolari gruppi batterici “CATTIVI” determina disturbi intestinali.
In pratica quando la digestione non è ottimale, gli aminoacidi derivati dalle proteine maldigerite, subiscono un processo di decarbossilazione.

Quando nessun ceppo batterico riesce a proliferare uccidendo gli altri si crea una situazione utile all’organismo perché vi è una condizione di equilibrio che prende il nome di “eubiosi“.

Quando, invece, dei gruppi di batteri riescono a prevalere, l’equilibrio si altera e viene a crearsi la “DISBIOSI INTESTINALE”, una condizione, purtroppo, assai diffusa.
Un’alimentazione non consapevole come l’ingestione di troppi zuccheri, una cattiva masticazione, pasti ingeriti con premura e l’uso di lassativi, antiacidi, antibiotici, predispongono allo sviluppo di varie sostanze tossiche e favoriscono lo sviluppo dei batteri “CATTIVI”.
Questi problemi intestinali pur di carattere funzionale, rappresentano un problema sociale.
Da essi dipendono infatti vari sintomi spiacevoli di cui soffrono moltissime persone, colite, stitichezza, gonfiore addominale, meteorismo, flatulenza e diarrea.
Questa sgradevole sintomatologia è dovuta alla graduale distruzione della flora batterica intestinale “BUONA”, ovvero dei miliardi di batteri utili che svolgono mansioni fondamentali per la nostra salute.


Se si considera la vasta superficie della mucosa gastro-intestinale e la sua grande capacità di assorbimento, si comprenderà come un’alterazione delle condizioni intestinali possa determinare l’assorbimento di tossine dalle quali possono derivare disturbi di carattere generale che, a prima vista, sembrano non avere nessuna relazione con l’intestino: mal di testa, nervosismo, alito cattivo, riniti, acne, dermatiti, eczemi, stanchezza cronica, invecchiamento della pelle e dolori articolari.

 

 

Bibliografia:

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