Dieta priva di scorie

DIETA DI PREPARAZIONE PER ECOGRAFIA  AL FEGATO E PER COLONSCOPIA

Consumare pane comune (bianco) tostato, fette biscottate, grissini all’olio di oliva
Condire la pasta o il riso solo con olio e parmigiano

Evitare la pasta in brodo di carne, vegetale o di dado.
Sono da escludere tutti gli alimenti integrali come pasta, riso, pane e grissini integrali, e comunque tutti gli alimenti con semi visibili; esclusi anche i legumi e tutti i cibi che li contengono (creme, zuppe, ecc.)
Utilizzare carne bianca, preferibilmente tritata e pesce , evitare molluschi e crostacei
Per quanto riguarda il consumo di affettati, preferire il prosciutto crudo magro e la bresaola, evitando il prosciutto cotto e altri salumi.
Per quanto concerna la frutta:
Sono concessi solo succhi di frutta senza residuo, spremute filtrate, centrifugati di frutta.

Per condire si può utilizzare l’olio extra vergine di oliva a crudo.
Evitare l’uso di spezie, aromi e peperoncino.
Evitare le bevande alcooliche (liquori, vino, birra, distillati, ecc.).
Evitare anche le bibite edulcorate e gassate.

Per quanto riguarda il latte, se è ben tollerato lo può utilizzare scremato altrimenti per colazione prenda il tè evitando di consumare marmellata, può prendere pane comune bianco tostato con un pò di miele.

Disbiosi

La superficie di scambio polmonare è meno di 200 m2 calcolando tutti gli anfratti degli alveoli.
Mentre la superficie di assorbimento del tratto gastro intestinale è superiore a 800 m2. Praticamente come un campo da calcio!

I tempi di svuotamento dell’esofago sono di circa 10 secondi mentre lo stomaco impiega oltre 3 ore, l’intestino tenue 7 ore, il colon circa 30 ore e infine il retto anche oltre 30 ore.

Il tratto gastrointestinale è il più esteso fronte immunitario dell’organismo ed è sottoposto al continuo attacco antigenico degli alimenti ingeriti.

La superficie interna del tratto intestinale è rivestita da una mucosa formata da cellule epiteliali.
L’epitelio intestinale è rivestito da un gel mucoso di cui si possono riconoscere:
1. Strato interno: formato da un gel idrosolubile a diretto contatto con le cellule dell’epitelio intestinale.
2. Strato esterno: più vischioso, sovrapposto a quello interno, contaminato da batteri ed altre sostanze. Il suo spessore è variabile nelle diverse parti dell’intestino.

IL MUCO DEL TRATTO GASTROINTESTINALE

Il muco è formato in continuazione dalle cellule globose per proteggere l’epitelio ed è costituito da polimeri di mucina (lunghe catene peptidiche glicosilate).
Nell’uomo la glicosilazione che forma il muco gastrointestinale avviene con 21 tipi diversi di oligosaccaridi, che interagiscono poi tra di loro determinando la formazione di un gel.
Questi carboidrati che si trovano sulla superficie mucosa sono i nutrienti della microflora e secondo il tipo di carboidrati presenti, il muco avrà una diversa attività antigenica.
La grande varietà dei carboidrati del muco è specifica per ciascuno di noi, rimane costante nel tempo, è geneticamente controllata e determina la nostra resistenza alle infezioni.

IL GALT: Il Sistema Immunitario Intestinale

Il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue) è formato dalle placche del Peyer e da follicoli linfoidi isolati (ILFs). Entrambe sono composte da cellule M, cellule dendritiche (DCs) e cellule B. La lamina propria contiene un gran numero di IgA, plasmacellule, cellule B e T, macrofagi, cellule dendritiche (DCs) e cellule stromali (SCs).

La popolazione microbica intestinale (MICROBIOTA) costituisce l’ecosistema più concentrato a tutt’oggi noto.
E’ stato calcolato che le cellule batteriche contenute nell’intestino di un individuo sono circa 10 volte il numero totale di cellule del corpo ma concentrate in una massa di poco superiore al chilo di peso.
Questa complessa popolazione dell’ordine di grandezza di 100.000 bilioni di batteri totali (1014), è riferibile ad un numero relativamente limitato di specie attualmente calcolato intorno alle 900 e, se ben bilanciata, contribuisce in modo sostanziale allo stato di salute dell’ospite.

 

Ogni porzione del tratto gastrointestinale è colonizzata da una microflora specifica, la cui composizione è il risultato dell’adattamento alle condizioni ambientali locali e delle interazioni di tipo commensalistico o parassitico che si stabiliscono sia tra i componenti della comunità microbica stessa, sia tra questa e l’organismo ospite.
Fattori che definiscono la composizione e la concentrazione microbica nelle specifiche porzioni del tratto gastrointestinale sono:

  • pH
  • presenza di enzimi gastrici, 
  • sali biliari,
  • velocità del transito peristaltico, potenziale redox, 
  • concentrazione di nutrienti e di ossigeno disciolto

La quantità e la complessità dei batteri che costituiscono il microbiota aumentano progressivamente nella parte distale del piccolo intestino e nel colon:

  • stomaco: ~102 cfu/g
  • piccolo intestino 104–108 cfu/g
  • colon: 1011-1012 cfu/g

Nel tenue la colonizzazione batterica è soppressa dalla velocità del transito intestinale e dalla presenza di sostanze antibatteriche come enzimi e sali biliari.
Il colon, dove si contano fino a 1012 cellule per grammo di contenuto intestinale, è invece sede della maggiore concentrazione microbica.

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La maggior parte delle specie del microbiota del colon è costituita da batteri non coltivabili in laboratorio, per questo motivo molti microorganismi non sono stati ancora isolati, inoltre la crescita di molti batteri dipende obbligatoriamente dalla presenza di altri. Le informazioni riguardanti la composizione della microflora intestinale sono comunque accessibili grazie alle tecniche di filogenetica molecolare coltura-indipendenti che si basano sullo studio dell’operone ribosomale, in particolare del gene che codifica per l’rRNA 16S.
E’ quindi possibile estrarre il DNA di tutti i batteri presenti in un campione fecale o di contenuto intestinale e amplificare tutti i geni 16S rRNA presenti mediante PCR.
Dall’analisi di tutte le sequenze dei diversi geni codificanti il 16S rRNA è possibile risalire a tutte le specie batteriche presenti nel campione analizzato.

E’ stato calcolato che il microbioma intestinale contiene un numero di geni superiore di più di 100 volte quello dell’uomo.
La simbiosi fra l’uomo e il suo microbiota si è consolidata e rafforzata nel corso di millenni di evoluzione.

La comunità microbica che riceve nutrimento e riparo nell’intestino è l’esempio di una relazione simbiotica positiva che produce vitamina K e vitamine del complesso B, che in tal modo possono essere assorbite e fanno parte della nutrizione umana.
Le attività metaboliche ed enzimatiche del microbiota intestinale sono fondamentali per compensare funzioni che l’organismo umano non è in grado di eseguire.
La degradazione e l’assimilazione di certi polisaccaridi come per esempio molti tipi di foglie e di semi, sarebbero dannosi mentre, grazie ai batteri amici del colon, siamo in grado di trarre nutrimento ed energia da questi alimenti altrimenti indigeribili.
Il colon è un ambiente povero di zuccheri semplici quali mono e disaccaridi il cui assorbimento avviene per lo più a livello del tenue.
Sono invece presenti quei polisaccaridi che resistono all’idrolisi pancreatica come l’amido, il 20% del quale raggiunge il colon inalterato, l’inulina e altri frutto-oligosaccaridi, oligosaccaridi della soia, pectine, gomme, mucillagini e alcune emicellulose.

Mentre i Bifidobatteri crescono velocemente alla presenza di alte concentrazioni di carboidrati, i Bacteroides nello stesso ambiente hanno una velocità di crescita bassa e si moltiplicano meglio se i carboidrati sono scarsi.

Le fonti di carbonio e di azoto disponibili nel colon, che la microflora si è adattata ad utilizzare, sono costituite dai carboidrati e dalle proteine che sfuggono all’idrolisi da parte dei nostri enzimi digestivi e raggiungono il colon senza che ne avvenga l’assorbimento durante il transito nell’intestino tenue. I carboidrati non digeriti raggiungono il colon, dove sono fermentati e depolimerizzati dalla flora batterica attraverso una serie di reazioni.

L’acido lattico, prodotto in grandi quantità da bifidobatteri e batteri lattici, è velocemente fermentato da altri batteri, poiché molti prodotti della fermentazione dei carboidrati complessi, come acetato, lattato, succinato e acidi grassi a catena corta, sono riutilizzati dalla comunità microbica. La fermentazione dei carboidrati è fondamentale per la microecologia e la fisiologia del colon.
Circa il 95% degli acidi grassi a catena corta, come il butirrato e l’acetato, sono prodotti dalla microflora intestinale.

Gli acidi grassi a corta catena (SCFA), sono assorbiti come tali a livello intestinale e veicolati direttamente al fegato tramite la vena porta poiché sono solubili in acqua. Gli acidi grassi a catena lunga (LCFA), hanno bisogno di essere inglobati nei chilomicroni e accedono al circolo ematico tramite i capillari linfatici e l’arteria succlavia.

Gli SCFA come l’ACETATO e il BUTIRRATO, non sono in grado di formare i gliceridi (mono – di – tri – gliceridi). Sono prodotti prevalentemente dalla fermentazione della fibra alimentare solubile (in particolare amido resistente, pectina, frutto oligosaccaridi) e di altri carboidrati non digeriti, ad opera dei batteri del colon. Tale fermentazione porta alla sintesi di acetato, butirrato, propionato, idrogeno (H) ed anidride carbonica (CO2).

Il butirrato, in particolare, assieme alla glutammina, rappresenta la maggiore fonte energetica per il colon, tanto che la sua carenza determina atrofia della mucosa.
Il propionato e l’acetato vengono facilmente assorbiti dalla mucosa colica ed entrano nel circolo sanguigno dove sono captati dal fegato (propionato) ed utilizzati come fonte energetica ausiliaria dai muscoli (acetato).

Le proteasi dei gruppi microbici proteolitici come Clostridi, Peptococchi e Bacteroides idrolizzano le proteine ad amminoacidi e peptidi semplici, che rappresentano un’importante fonte di azoto per l’intero microbiota.

L’attività delle proteasi di questi gruppi microbici ha luogo principalmente a livello del colon discendente.
Lungo il transito nell’intestino crasso la concentrazione dei carboidrati fermentabili si riduce gradualmente fino all’esaurimento facendo sì che il metabolismo fermentativo ceda il passo a quello proteolitico putrefattivo, come evidenziato dal progressivo aumento del pH.

La fermentazione delle proteine porta alla formazione di SCFA, ma anche di numerosi metaboliti potenzialmente tossici quali:

  • composti fenolici: indolo e scatolo, che sono potenzialmente cancerogeni 
  • ammine: AGMATINA e CADAVERINA da arginina e lisina; MERCAPTANO e ISTAMINA da cistina e istidina
  • ammoniaca 
  • idrogeno solforato: gas potenzialmente cancerogeno

Questi metaboliti fanno registrare concentrazioni maggiori in corso di malattie infiammatorie del Sistema Gastro Enterico.

La microflora batterica intestinale impedisce ai batteri patogeni di colonizzare l’intestino attraverso i seguenti meccanismi:
• Aumento della velocità di transito intestinale
• Modulazione del sistema immunitario
• Competizione per i nutrienti e per lo spazio
• Amensalismo (produzione da parte di una specie microbica di sostanze che sono tossiche per un’altra specie) Ad es. il BUTIRRATO inibisce la crescita degli aerobi facoltativi e di batteri patogeni quali la salmonella.

DISBIOSI INTESTINALE
La disbiosi è caratterizzata dallo squilibrio tra i gruppi batterici della flora enterica, che determina dei disturbi funzionali capaci di trasformarsi in vere e proprie malattie e coinvolgere anche organi o apparati distanti dal Colon.

La disbiosi può essere causa diretta o indiretta di numerosi disturbi da una semplice cattiva digestione con gonfiore e aria addominale fino ad avere infiammazioni dell’apparato digerente con gastriti, coliti e cistiti ricorrenti che si scatenano dopo aver ingerito certi alimenti tanto da far pensare a vere intolleranze alimentari.
Nel corso della disbiosi si verifica da un lato la riduzione di gruppi batterici che svolgono funzioni digestive di appoggio al nostro sistema gastro intestinale e dall’altro l’aumento dei gruppi batterici che prendendo il sopravvento possono moltiplicarsi al punto di determinare delle vere infezioni.

DISBIOSI PUTREFATTIVA

La disbiosi putrefattiva è dovuta a una dieta ricca in grassi e carne, non bilanciata da un adeguato apporto di fibre. Non avendo un sufficiente apporto di amidi e fibre non digeribili come FOS o GOS (Fosfo-Oligo-Saccaridi e Galatto-Oligo-Saccaridi) inevitabilmente finisce con il prevalere la concentrazione di batterioidi.
E’ una condizione di intolleranza ai carboidrati indotta da un’eccessiva

DISBIOSI FERMENTATIVA

La disbiosi fermentativa è per lo più dovuta ad una eccessiva carica batterica del piccolo intestino, dove sono ricchi i substrati fermentabili.
I sintomi abituali sono caratterizzati da distensione addominale, flatulenza, diarrea, stipsi e sensazione di malessere. I pazienti denunciano un peggioramento dei disturbi dopo aver mangiato verdure a foglia verde, spinaci, coste, legumi, mais, castagne e spesso anche gli agrumi. Sono persone intolleranti ai supplementi di fibre solubili, mentre migliorano spesso con gli antibiotici e con la riduzione del consumo di fibre.

Esempio di paziente con disbiosi
Gentile dottore, tramite breath test al glucosio mi è stata rilevata una contaminazione batterica dell’intestino tenue da batteri metano produttivi. Da molto tempo ormai (circa tre anni) i sintomi che manifesto sono: mal di pancia e fastidi addominali, gonfiore e meteorismo, reflusso e irregolarità intestinale. Dai diversi controlli non è mai emerso niente se non, per l’appunto, questa contaminazione batterica del tenue.

Gentile signora, quella che le è stata diagnosticata viene definita clinicamente SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth) in italiano è indicata come sovracrescita batterica del piccolo intestino, responsabile della cosiddetta sindrome da contaminazione batterica del piccolo intestino. Si tratta di una condizione patologica cronica intestinale ad eziologia batterica, caratterizzata da un’abnorme proliferazione nel lume del piccolo intestino di batteri anaerobi e batteri coliformi, generalmente presenti nel colon, causata da modifiche nell’ecosistema intestinale , normalmente mantenuto dall’equilibrio tra flora batterica e fattori ambientali. Clinicamente tale sindrome può manifestarsi come una sindrome malassorbitiva, con sintomi quali diarrea cronica, meteorismo e, se presente da molti anni, con segni di carenza nutrizionale come l’anemia macrocitica (da deficit di vitamina B12).
Le principali condizioni che favoriscono l’instaurarsi di una sovracrescita batterica del piccolo intestino sono difetti anatomici e motori, malnutrizione, immunodeficienza ed età avanzata, ma ultimamente si è visto come la SIBO insorga anche nei pazienti affetti da sindrome del colon irritabile.
La sindrome da contaminazione batterica del piccolo intestino si cura con successo con una terapia antibiotica per 7-10 gg e di norma è seguita da un breath test di controllo che confermi l’avvenuta decontaminazione.

TEST CLINICI PER INDIVIDUARE UNA DISBIOSI

DISBIOSI Test

Il Disbiosi test rappresenta il Presidio di Laboratorio per individuare quantitativamente e monitorare i pazienti che evidenziano uno stato di disbiosi intestinale.
Il test permette di dosare a livello urinario due markers, Indicano e Scatolo, che sono metaboliti del Triptofano.
Smith EA, Macfarlane GT. Dissimilatory amino acid metabolism in human colonic metabolism. Anaerobe 1997;3:327-33
Macfarlane S, Macfarlane GT. Proteolysis and amino acid fermentation. In: Gibson GR, Macfarlane GT, eds. Human Colonic Bacteria: Role in Nutrition, Physiology, and Pathology. Boca Raton, FL: CRC Press; 1995:75-100.

L’aminoacido Triptofano normalmente assunto con la dieta subisce, ad opera di alcune specie batteriche intestinali, quali ad esempio Peptostreptococcus indolicus – Bacteroides putredinis – Clostridium sporogenes, un processo di metabolizzazione che comporta, dal punto di vista biochimico, la perdita della catena laterale con produzione di un metabolita che prende il nome di Indolo.

L’Indolo, così prodotto, è assorbito a livello della mucosa intestinale e attraverso il circolo entero-epatico, convogliato al fegato dove subisce un processo enzimatico di detossificazione bifasica.
In fase 1, infatti, l’Indolo subisce una reazione di conversione in 3-idrossi-indolo o Indossile.

In seguito, in fase 2, il 3-idrossi-indolo viene coniugato con l’Acido Glucuronico ed immesso, come INDICANO, in circolo per essere poi escreto dai reni con le urine.

La concentrazione di Indicano nelle urine riflette la presenza di fenomeni putrefattivi a carico delle proteine e dei composti azotati, dovuta ad un aumento dei fenomeni putrefattivi ad opera di alcune specie batteriche come Proteus e Klebsiella. Queste a loro volta attraverso un processo putrefattivo danno luogo alla formazione di sostanze endotossiche (ammoniaca, indolo, scatolo, fenoli) che raggiungono il fegato e compromettono la funzionalità epatica.
Indolo e scatolo sono responsabili in gran parte dell’odore delle feci e la loro eccessiva concentrazione determina miasmi particolarmente sgradevoli.
L’Indicano è dosato con una metodica analitica colorimetrica mentre lo Scatolo è determinato con la raffinata metodica cromatografica.
I campioni di urina di soggetti sani contengono 4 – 20 mg di Indolo, prodotto dalla decomposizione del Triptofano.
Un aumento della quantità di Indolo nelle urine indica una putrefazione intestinale anomala.
Anche lo Scatolo deriva dalla decomposizione del Triptofano ed è un precursore dell’Indolo.
Dopo ossidazione a Scatosile, la parte assorbita di Scatolo viene esterificata con Acido solforico o Acido Glucuronico ed eliminata con le urine.
Come per l’Indolo, anche per lo Scatolo, i valori normali nelle urine sono inferiori a 20 mg. Quando superano questa soglia esprimono un’anomala putrefazione intestinale.

 

Bibliografia:

Hawrelak JA, Myers SP. The causes of intestinal dysbiosis: a rewiew. Altern Med. Rev. 2004 jun:9(2):180-97

Miloszewski K, Kelleherer J, Losowsky MS. Increase in urinary indican excretion in pancreatic steatorrhoea following replacement therapy. Scand J Gastroenterol 1974: vol. 10 481-485.

Tamboli CP, Neut C, Desreumaux P, Colombel JF. Dysbiosis in inflammatory bowel disease. Gut. 2004 jan; 53(1):1-4

Geypens B, Claus D, Ghoos Y. Influence of dietary protein supplements on the formation of bacterial metabolites in the colon. Gut 1997:vol. 41 70-76.

 

Intolleranze alimentari, queste sconosciute

Come si diagnosticano

Mal di stomaco, gonfiore addominale, acidità e reflusso gastroesofageo. Sono tutti sintomi che, se accusati di frequente, portano un individuo a non vivere più con la dovuta serenità. Ma quando farmaci e diete in bianco non sono sufficienti a risolvere i problemi, è l’ora di rivolgersi ad uno specialista. Può trattarsi di problemi seri, oppure si può essere in presenza di intolleranze alimentari. Quando viene diagnosticata una semplice intolleranza alimentare, basta predisporre una dieta ad hoc, eliminando i fattori che scatenano i disturbi e permettendo una vita più tranquilla.

Soggetti intolleranti: quale dieta scegliere

Esistono alimenti che sono di per sé irritanti per l’intestino ed alimenti che generano solo in alcuni individui reazioni allergiche. Nella maggior parte dei casi, le intolleranze alimentari possono essere curate. Si può iniziare un programma disintossicante riducendo le quantità di determinati alimenti fino ad arrivare all’individuazione dei fattori irritanti. Oppure si può procedere mediante il giusto abbinamento dei cibi. Spesso aumentare le dosi di determinati alimenti benefici, può portare al miglioramento delle funzioni vitali generali. Infine le intolleranze alimentari sono di norma trattate con frequenti pulizie intestinali effettuate con regolarità attraverso sistemi naturali. I provvedimenti da assumere in relazione a ciascun individuo sono diversi da caso a caso.

e scelte drastiche, eliminando tutti quei cibi o sostanze catalogate come nocive per il proprio sistema digerente. Esistono infatti sostanze che sono di per sé irritanti per colon o intestino, altre che causano problemi solo ad alcune persone. Accertando la compatibilità individuale di una persona verso determinate sostanze si potrà impostare un programma alimentare corretto e permettere a chi lo segue di rimanere in buona salute e libero da disturbi gastrointestinali o di altro tipo.

Perché la dieta chetogenica fa bene

Metabolismo individuale come misurarlo e come modificarlo

Il principale effetto della dieta chetogenica è la produzione dei corpi chetonici che sono facilmente rilevabili mediante le apposite strisce reattive.  Pertanto, se il test è negativo anche dopo il terzo giorno è del tutto evidente che non si sta seguendo una dieta chetogenica e quindi dovrà essere modificato il programma degli alimenti assunti. Il test dovrà essere ripetuto tutte le mattine a digiuno.

Quali sono i benefici di una dieta chetogenica

Quando il test è positivo l’organismo tutto ne ha un beneficio perché  nel fegato, aumenta della produzione di acetil-CoA.  L’eccesso di acetil-CoA è risolto dalla matrice mitocondriale delle cellule epatiche con la formazione dei corpi chetonici.

Due acetil-CoA formano l’acetoacetil-CoA che a sua volta unendosi con un’altra molecola di acetil-CoA  forma l’Hidrossi Metil Glutaril-CoA. Si tratta di una reazione non reversibile catalizzata dall’enzima HMG-CoA sintasi (HMG-CoAS2) coinvolto anche nella formazione del colesterolo. 

Il primo corpo chetonico, l’acido acetoacetico (ACA) è prodotto dalla scomposizione di HMG-CoA, rilasciando una molecola di acetil-CoA. Dall’ACA deriva l’acido betaidrossibutirico (BHB) e dalla decarbossilazione spontanea dell’ACA si ottiene l’acetone che è eliminato non dai reni ma dai polmoni e conferisce il classico alito acetonico appunto.

 

Tutti e tre i corpi chetonici possono quindi essere esportati dal fegato nella circolazione per essere assorbiti dai tessuti con elevate esigenze metaboliche, come il cuore, i muscoli scheletrici e soprattutto il cervello.

Corpi chetonici

Già agli inizi del ‘900 fu dimostrato come i chetoni nel sangue determinassero un effetto protettivo sul cervello negli animali da esperimento sottoposti a elettroshock. Ci vollero decenni per dimostrare che la somministrazione acuta di acetone e acido acetoacetico portava ad un aumento della soglia convulsiva.

I chetoni consentono di utilizzare i grassi di deposito come fonte energetica

 La dieta chetogenica comincia ad essere tale solitamente dopo il terzo giorno. Per questo motivo ho studiato due percorsi distinti. Il primo a base di alimenti, che ha la durata di due o al massimo tre giorni a seconda del grado di positività del Keturtest, e il secondo a base di una soluzione proteica arricchita di aminoacidi. Questa soluzione può essere erogata da una nutripompa collegata con il sondino nasogastrico inserito in studio previa anestesia locale mediante un gel a base di lidocaina oppure può esser sorseggiata nel corso della giornata in concentrazioni e modalità che dipendono dalla massa muscolare misurata mediante Esame Impedenziometrico e dal metabolismo misurato mediante la Calorimetria. Questa seconda modalità di digiuno pilotato può essere protratta per un tempo più lungo. Si può arrivare a 7 o anche 10 e talvolta 12 giorni.

 

  • La dieta chetogenica potrebbe trovare indicazione in numerose malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e la malattia di Parkinson oltre che nell’Epilessia. Il razionale comune per l’applicazione della dieta chetogenica in queste malattie risiede nei meccanismi di neuro protezione.
  • Durante la dieta chetocenica aumentano i mitocondri – cioè i motori metabolici – di tutte le cellule.
  • Numerosi studi hanno confermato un aumento di enzimi del metabolismo ossidativo
  • Aumento dei livelli di acido gamma- aminobutirrico (GABA) cerebrale che ha un azione protettiva sulle funzioni neurologiche
  • Riduzione della produzione di radicali liberi. Su tale meccanismo è basata l’ipotesi di applicazione della dieta chetogenica nelle malattie degenerative cerebrali.

J Lipid Res. 2014 Nov; 55(11): 2211–2228.

Thematic Review Series: Calorie Restriction and Ketogenic Diets

Ketogenic diets, mitochondria, and neurological diseases

Lindsey B. GanoManisha Patel,* and Jong M. Rho

doi: 10.1194/jlr.R048975

Arch Neurol. 1998 Nov;55(11):1433-7.

A multicenter study of the efficacy of the ketogenic diet.

Vining EP1, Freeman JMBallaban-Gil KCamfield CSCamfield PRHolmes GLShinnar SShuman RTrevathan EWheless JW.

DOI: 10.1001/archneur.55.11.1433

Epilepsy Res. 2012 Jul; 100(3): 295–303.

Published online 2011 Nov 9. NIHMSID: NIHMS338193

Modulation of oxidative stress and mitochondrial function by the ketogenic diet

Julie B. Milder, Ph.D. and Manisha Patel, Ph.D.

doi: 10.1016/j.eplepsyres.2011.09.021

Metabolismo individuale come misurarlo e come modificarloNotizie dietetiche

Acidità gastrica

Come contrastare l’acidità gastrica con la dieta

 

Il diaframma è il muscolo a forma di cupola che divide la cavità toracica dall’addome. La semplice erniazione da scivolamento di una parte dello stomaco attraverso il foro – iatus – che consente il passaggio dell’esofago non causa dolore e fastidi digestivi. L’ipersecrezione gastrica, il reflusso, la sensazione di dolore e il senso di «bocca amara» sono invece la parte sintomatica della gastropatia ipersecretiva.
Oltre alle terapie farmacologiche che sono indispensabili nella fase acuta, dovremmo imparare a convivere con questa patologia a carattere cronico o ricorrente per evitare che i farmaci da amici indispensabili diventino negli anni addirittura dei nemici.

 

Risk of death among users of Proton Pump Inhibitors: a longitudinal observational cohort study of United States veterans
Yan Xie, Benjamin Bowe, Tingting Li, Hong Xian, Yan Yan, Ziyad Al-Aly

Proton Pump Inhibitor Usage and the Risk of Myocardial Infarction in the General Population
Nigam H. Shah , Paea LePendu ,Anna Bauer-Mehren, Yohannes T. Ghebremariam, Srinivasan V. Iyer, Jake Marcus,Kevin T. Neadm, John P. Cooke, Nicholas J. Leeper

 

 

Da un punto di vista comportamentale consumare pasti troppo abbondanti, in fretta e magari sdraiarsi sul divano subito dopo aver mangiato, non fa bene alla malattia gastrica.
Portare indumenti stretti come il body per le signore o la cintura per gli uomini, ostacolano lo svuotamento dello stomaco.
Quando il difetto della valvola tra esofago e stomaco fa si che non «tenga bene», anche solo per una semplice ernia da scivolamento, che sarebbe del tutto asintomatica, e contemporaneamente si mangia troppo, troppo in fretta o si assumono alimenti ipersecretivi, ci saranno sintomi molto più prolungati dolorosi e pericolosi.
Questi comportamenti favoriranno il reflusso di cibo e di acido nell’esofago.
Meglio mangiare, più volte al giorno, senza riempire troppo lo stomaco.

 

QUALI SONO I CIBI DANNOSI PER LO STOMACO INFIAMMATO?

I tre maggiori nemici dello stomaco infiammato sono:

Alcol  – perché specie a stomaco vuoto, può far aumentare l’acidità; Indicando alcol si intendono tutti gli alcolici compresa la birra,
Fumo – il fumo aumenta la produzione di acido e, riduce la capacità di guarigione delle ulcere,
Caffè  – tutte le bevande che contengono caffeina irritano la parete dello stomaco, stimolano la secrezione gastrica e favoriscono il reflusso acido.

Oltre a questi tre grandi nemici dello stomaco, altri alimenti possono essere dannosi per il gastropatico. I grassi richiedendo piùtempo per essere digeriti e rimanendo più a lungo nello stomaco,rendono più numerosi gli episodi di gastrite
Aglio, cioccolato, cipolla, menta, tè: diminuiscono la capacità di tenuta della valvola.
Arance e pomodori al contrario del limone possono aumentare l’acidità e svolgere quindi un’azione irritante, specie in presenza di reflusso.
Bibite gassate, contenendo anidride carbonica, tendono a gonfiare lo stomaco e aumentare così il rischio di reflusso. In pratica il gonfiore riduce la capacità di tenuta della valvola collocata tra esofago e stomaco.
Prezzemolo, basilico, origano: rilassano la muscolatura liscia favorendo il reflusso acido.
Il buon brodo di carne o con il dado come gli estratti di carne, per la presenza di glutammati e sali, sono osmolari e aumentano la produzione di acido nello stomaco.
Aceto, sottaceti, salse piccanti, aromi spezie come pepe, peperoncino, chiodi di garofano, senape, mostarda e paprika sono irritanti della mucosa e limitano la capacità di resistere all’acido.

 

VEDIAMO INVECE QUALI SONO I CIBI CONSIGLIATI 

Ci sono cereali che riducono più di altri la sensazione di acidità di stomaco, tra questi troviamo: riso, avena, miglio, quinoa e grano saraceno.
L’importante è che siano masticati lentamente e ben cotti, allo scopo di renderli più digeribili.. Ben cotti non significa che debbano essere mangiati caldi, anche i cibi troppo caldi nuocciono allo stomaco.
Il semolino o le creme di riso e di miglio assunte a colazione sono un toccasana per lo stomaco infiammato.
Anche la spremuta di un limone con acqua calda assunto alla sveglia e bevuto piano ha un effetto alcalinizzante, cura l’alitosi e prepara lo stomaco a ricevere la colazione dopo il digiuno notturno.
La frutta e in particolare la mela cotta, la pera ben matura e la banana, mangiata prima del pasto favorisce la buona digestione gastrica.
Lo stomaco è l’organo deputato specificatamente alla digestione delle proteine. Quando lo stomaco è malato è bene ridurre la carne e il pesce. Preferire le carni bianche, meglio ancora se tritate tipo hamburger, mentre come pesci, i più indicato risultano essere nasello, merluzzo e sogliola.
Bere l’acqua lontano dai pasti e mai troppo fredda o troppo calda o troppo in fretta.
Ultima raccomandazione evitare di avere dei tempi di digiuno troppo lunghi, mai superiori alle 3 ore. Il cibo e, in modo  particolare i cereali indicati, fanno diminuire l’acidità gastrica.
Gallette di riso, o di quinoa, pane azzimo integrale, semolino, gallette di mais o biscotti integrali, possono essere mangiati tra un pasto e l’altro.
Gli integratori utilizzati come addensanti o alcalinizzanti debbono essere assunti sotto prescrizione medica.

Dieta per il reflusso

Dieta per il reflusso gastroesofageo e l’acidità di stomaco

 Alla sveglia assumere un bicchiere d’acqua con argilla

L’argilla possiede una struttura minerale complessa e proprio per questa sua complessità vanta numerose proprietà e applicazioni terapeutiche.
L’argilla ventilata è la forma raffinata e biologica ottima per essere sciolta in acqua e bevuta. L’argilla può avere diverse colorazioni in base alla maggiore e minore concentrazione dei vari minerali presenti in essa. La più consigliata ad uso terapeutico è l’
argilla verde.

Per essere dinamizzata, viene esposta al sole e fatta essiccare, in questo modo può caricarsi dell’energia solare in quanto al suo interno troviamo il silicio, l’unico metallo in grado di veicolare la luce solare. Il colore verde è dato dalla prevalenza del ferro bivalente, facilmente assorbibile dall’organismo umano per che solubile al contrario del ferro trivalente insolubile come il ferro contenuto nei fagioli.

Modalità di impiego: Mettere un cucchiaino raso (meglio di legno o di plastica per evitare i metalli) di argilla in un bicchiere d’acqua, agitare bene e lasciar riposare tutta la notte al mattino a digiuno bere il super natante, il deposito va gettato via. Ogni sera, per il tempo stabilito, si ripete l’intera operazione sempre con nuova argilla. L’argilla verde superventilata per uso orale, ha innumerevoli proprietà e può essere utilizzata per molteplici disturbi ma in particolare come coadiuvante nella cura dell’acidità di stomaco e nel reflusso gastro-esofageo.

Cosa mangiare per diminuire l’acidità di stomaco? 

La dieta da seguire inevitabilmente dovrà essere di tipo alcalinizzante il che  non vuol dire una dieta come quelle pubblicizzate in grado di curare qualsiasi  male e definite dieta alcalina, o dieta acido-base.
Il pH dell’organismo non può essere modificato, in condizioni normali di salute, essendo regolato da complessi sistemi fisiologici in grado di mantenerlo costante. È del tutto evidente pertanto che gli 
alimenti non possono influire sul pH del sangue e dei fluidi corporei in genere, possono invece influire sull’acidità gastrica e sul meteorismo addominale. Pertanto la dieta che ho studiato per diminuire il senso di fastidio gastrico e tensione addominale causati dall’eccessiva acidità di stomaco si basa sull’impiego di alimenti che definisco alcalinizzanti nel senso che riducono l’acidità gastrica.

 


La colazione

Dopo aver assunto l’acqua del bicchiere con argilla preparato la sera prima consiglio di assumere una colazione che metta a posto lo stomaco e riduca il meteorismo.

I tre alimenti più dannosi per la salute dello stomaco sono alcol fumo e caffè.

Eliminare questi alimenti non è certo sufficiente ma costituisce un grande aiuto per il successo della dieta. 

Un primo tipo di colazione da me suggerita prevede delle Cialde di riso con aggiunta di miele o marmellata, tè verde e banana o mela cotta o una pera tipo abate, cruda e ben matura

Un secondo tipo di colazione particolarmente utile per la nostra salute è la crema alcalinizzante ad alto valore antiossidante. La sua preparazione è complicata solo in apparenza. Da molti anni la prescrivo e io stesso la preparo in pochi minuti ogni mattina. Può davvero essere allestita anche da chi ha poco tempo a disposizione.

Prima di tutto è necessario acquistare le farine biologiche di cereali. È bene che la miscela sia costituita da almeno 3 o 4 tipi di cereali diversi.

Alcuni cereali contengono il glutine come: granoorzofarrosegale, non per questo sono meno utili e salutari, a patto di non essere celiaci o intolleranti a questa preziosa proteina vegetale, ovviamente.

Altri cereali sono privi di glutine. Tra questi utili al nostro scopo sono: grano saracenoriso integralesorgoquinoalinosesamo.

L’avena pur non contenendo glutine possiede una importante percentuale proteica in avenina che ha caratteristiche simili al glutine e per questo può dare una reazione simile, anche se minore, a quella dei cereali dannosi per i celiaci. 

Le farine sarebbe meglio fossero biologiche e macinate a pietra ma occorre precisare che questi due requisiti non sono sempre facili da soddisfare e comunque non cambiano l’effetto sullo stomaco

Le farine biologiche crude mescolate, vanno riposte in un contenitore conservato in frigorifero, anche i pacchetti di farine biologiche che si sono avanzate è bene riporli in figo, per allungarne la conservazione

Prendere 2 – 3 o più cucchiai della miscela di farine di  cereali crudi e metterli in una tazza, aggiungere il KEFIR che è da preferirsi allo yogurt. Per chi è intollerante al lattosio esiste anche il Kefir ottenuto senza l’impiego del latte vaccino. Se non è possibile avere il KEFIR si può aggiungere lo yogurt ottenuto con latte vaccino o  con latte di soia.

Aggiungere un cucchiaio di olio M.C.T. costituito da trigliceridi a media catena che essenzialmente sono l’acido caprilico e caprico. L’olio M.C.T  deve essere acquistato in farmacia o nei negozi specializzati in alimenti dietetici. Questo tipo di olio ha il vantaggio di essere di facile digestione dal momento che non necessita dell’azione digestiva degli enzimi pancreatici, dei sali biliari epatici e dei chilomicroni, ma è assorbito direttamente dall’intestino tenue e trasportato dall’albumina.

Aggiungere una banana o una mela cotta o una pera matura cruda grattugiata per poterla amalgamare alle farine e allo yogurt o al KEFIR

World J Microbiol Biotechnol DOI 10.1007/s11274-013-1419-9 Yeasts from kefir grains: isolation, identification, and probiotic characterization Gabriela Diosma • David E. Romanin • Mar ́ıa F. Rey-Burusco • Alejandra Londero • Graciela L. Garrote Received: 13 February 2013 / Accepted: 24 June 2013 Ó Springer Science+Business Media Dordrecht 2013

Pranzo e Cena

Come inizio pasto è consigliabile consumare della verdura cotta o cruda: tutta la verdura in genere ha un effetto anti acido.

Cavoli, Cavolfiori, Fagiolini, Melanzane, Zucchini, Finocchi, Carote, Patate è utile assumerle prima degli alimenti del gruppo B.

Indivia, Songino, Insalata iceberg, Lattuga, Meglio evitare gli Spinaci, Cime di Rapa, Insalata mista, prima degli alimenti dei gruppi A e .

Proseguire il pasto controllando il cartellino tascabile dove è indicata la sequenza dei macronutrienti suddivisi nei tre menù ABC. Sempre tenendo conto della necessità alcalinizzante sono stati esclusi pomodori, formaggi, carni grasse, pesci poco digeribili. Come pane preferire il pane azzimo o le gallette di riso.

Altra regola fondamentale per evitare il reflusso e la gastropatia è quella di evitare tempi di digiuno superiori a 3 ore.

Per questi fuori pasto consiglio:

Noci – Mandorle – Noci di Macadamia – Noci brasiliane

Banana – Mela cotta – Pera cruda matura – Uva

Pane azzimo – Gallette di Mais o di Riso

Gli alimenti del gruppo A per evitare i disturbi gastrici saranno scelti tra:

Carni bianche cucinate in modo semplice e possibilmente sfilacciate e tritate per renderle più digeribili.

Insalata di sfilacci di pollo o di tacchino con aggiunta di NOCI e SEDANI tagliati a pezzettini.

Rolata di coniglio con frutta secca, fichi ecc.

Würstel di pollo o di tacchino

Hamburger

Polpette con cime di rapa, costine o altra verdura cotta a piacere e pane e albume evitando il tuorlo e gli insaccati.

Gli alimenti del gruppo C per evitare i disturbi gastrici saranno scelti tra

Pesci magri come sogliola, branzino, nasello o merluzzo. Preferire i filetti e  per semplificare vanno bene anche quelli surgelati.

Per esempio:  Filetti di merluzzo in padella antiaderente con un filo di olio (per cucinare è meglio usare olio di cocco essendo molto stabile anche a temperature elevate) aggiungere vino bianco (che intanto sfuma con la cottura). Prezzemolo e sale 

Dal momento che alla base di molti disturbi gastrointestinali vi è una insufficiente attività dell’enzima DAO (diamina-ossidasi) che a livello del tenue degrada l’istamina introdotta con gli alimenti, il mio consiglio, quando si avverte bruciore di stomaco accompagnato da gonfiore addominale e meteorismo, è quello di ridurre al massimo i cibi ricchi in ISTAMINA.

Cibi ricchi in istamina sono:

Pomodori, crauti, spinaci.

Conserve.

Ketchup e salsa di soia mentre i semi di soia verde o rossa vanno bene.

Pesce in scatola: conservati, marinati, salati o essiccati (sardine, sgombro, acciughe, aringhe).

Una scatoletta di Tonno (meglio se in vetro) assunta solo quando è previsto il menu C se non è frequente non è certo grave….

Pesce affumicato (aringa, salmone..).

Crostacei e frutti di mare.

Salsicce, salame, prosciutto affumicato, mortadella…

Formaggi fermentati e stagionati.

Alcolici, vino, birra.

Aceto di vino.

Lievito

Del caffè abbiamo detto ma anche il cioccolato può causare disturbi gastro intestinali quando assunto di frequente.

Nel caffè sono presenti diversi tipi di acidi: Fosforico, Citrico, Malico, Lattico, Acetico e Chinico.

L’acido chinico per lo stomaco è il peggiore tra quelli isolati nella tazzina di  caffè. La sua origine proviene direttamente dalla degradazione dell’acido clorogenico del chicco di caffè verde ( il termine clorogenico deriva dal greco  χλωρός che significa verde), quando è sottoposto ad una tostatura con temperature troppo elevate. L’acido chinico utilizzato come integratore per le sue proprietà anti gottose si incontra in grande quantità specialmente nelle varietà di Coffea Canephora conosciute come Robusta, e nelle Prugne Secche. Il noto effetto lassativo delle prugne secche e del caffè specialmente quando assunto a digiuno è legato in particolare a questo tipo di acido, ed è per questo che in caso di borborigmi intestinali, meteorismo, feci poco formate o gonfiore addominale è meglio evitare di introdurlo.
BIOGRAFIA
Study of composition of espresso coffee prepared from various roast degrees of Coffea arabica L. coffee beans
L Kučera, R Papoušek, O Kurka, P Bartak, P Bednář – Food chemistry, 2016
Chlorogenic acids and the acyl-quinic acids: discovery, biosynthesis, bioavailability and bioactivity
MN Clifford, IB Jaganath, IA Ludwig… – Natural product reports, 2017 

Ricette per dieta ABC

GRUPPO A

Nella casella delle PROTEINE troveranno posto i piatti più appetitosi e se volgiamo anche più abbondanti ma nel rispetto della MONOPORTATA.
Esempio:

OMELETTE FARCITE: Sbattere gli albumi con un pizzico di sale e preparare quattro frittate molto sottili in una pentola antiaderente  . Si otterranno così delle cialde che dovrete conservare nel frigorifero sovrapposte una all’altra. Potete farcire ogni strato con un velo di marmellata o con della crema di mandorle.
INGREDIENTI:
6 albumi o 180 cc di albume pastorizzato

FRITTATA AL FORNO : Inserire in un contenitore da forno monodose in ceramica bianca un tuorlo d’uovo e tre o più albumi. Miscelare al momento con una forchetta, aggiungere sale, pepe, pomodorini ciliegia e origano. Cuocere in forno per 10 minuti e aggiungere un filo d’olio d’oliva spremuto a freddo a fine cottura. Accompagnare il piatto con spinaci teneri bolliti e conditi con olio e un cucchiaino di parmigiano reggiano, una cracotte di pane azzimo.

 

 

INVOLTINI DI POLLO : Battere con il pestello da macellaio i petti di pollo, salare e pepare. Aggiungere ad ognuno un pizzico di prezzemolo tritato, una fettina di prosciutto crudo. Avvolgere e formare un involtino. Cuocere usando passata di pomodoro eventualmente insaporita con sedano, cipolla e peperoncino oppure avvolgere ogni involtino in carta stagnola e foglie d’alloro e cuocere per mezz’ora in forno. Accompagnare con verdure a foglia e una cracotte di pane azzimo.

 

 

CARNE CRUDA AL TIMO FRESCO : Stendere su un piatto da portata le fettine di carne cruda tagliata sottilmente dal macellaio. Aggiungere qualche scaglietta di aglio e cospargere abbondantemente con foglioline di timo fresco, sale, pepe e olio d’oliva spremuto a freddo. Lasciar macerare per mezz’ora e consumare abbinando ad una insalatina di valerianella condita con olio e limone.

 

 

 

ORATE ALL’ACQUA PAZZA : Inserire le orate in una pentola, aggiungere scagliette di aglio, una spruzzata di vino bianco, timo o erba cipollina freschi, qualche pomodorino ciliegia, prezzemolo, sale e peperoncino o pepe. Far cuocere per venti minuti a fuoco basso e con coperchio. A fine cottura aggiungere olio di oliva spremuto a freddo. Consumare con un crostino di pane ai cereali nero abbrustolito.

 

 

 

COSCE DI POLLO AL POMODORO

Ingredienti:
6 cosce di pollo intere, 1 cucchiaio di maizena, salsa di pomodoro (q.b.), sale (q.b.), 1 rametto di rosmarino e 1 pugno di olive nere.

Preparazione:
Per prima cosa puliamo bene le sovra cosce dalla pelle e dal grasso. Nel frattempo facciamo imbiondire una o due cipolle su una padella. Adagiamo le sovra cosce impanate sul letto di cipolle che avremo bagnato con un pò di acqua e dado. Cuocere a fuoco vivace per circa 10 minuti fino a quando il pollo non avrà  creato una crosta. Dopo di che aggiungiamo un rametto di rosmarino fresco e un po di salsa o passata di pomodoro. Lasciamo cuocere a fiamma bassa e a metà cottura aggiungiamo le olive nere che conferiranno quel particolare sapore amarognolo. Ideale per la fase attacco, le olive le useremo solo per dare sapore.

ROTOLO DI ALBUME

Ingredienti:
6 albumi di uovo, sale (q.b.), tonno, capperi  e formaggio light.

Preparazione:
Preparate una grande frittata di solo albume  e sale (sottile come una crepe) farcita con una mousse di tonno e qualche cappero  e formaggio light. Va arrotolata su se stessa, avvolta con pellicola trasparente e tenuta in frigo per un giorno. Si serve tagliata a fette piuttosto spesse, può essere servita con una salsa tipo panna acida fatta con yogurt magro, succo di limone e fiocchi di latte.

NASELLO AL FORNO

Ingredienti:
50 g cipolle tritate, 25 g sedano tritato, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 250 ml salsa di pomodoro, 100 g polpa di granchio, 1 uovo, 800 gr nasello tagliato in 8 fette, sale e pepe q.b.

Preparazione:
Preriscaldate il forno a 180°
Amalgamate le cipolle con il sedano, il prezzemolo , la polpa di granchio, l’uovo e metà della salsa di pomodoro fino ad ottenere un composto morbido e abbastanza consistente.
Regolate di sale e pepe e distribuitene 3/4 su 4 fette di nasello. Coprite con le altre 4 fette e trasferite in una teglia rivestita di carta da forno. Irrorate con la salsa di pomodoro rimasta e infornare per 30 minuti. Servire Caldo.

GRUPPO B

Scegliere sempre se è possibile la soia. Sono moltissime le ricette disposizione e sono molte le varietà per chi è allergico o intollerante alla soia gialla sono consigliabili le ricette a base di AZUKI verde, rosso o nero.

MINESTRONE DI SOIA VERDE: In una pentola di coccio inserire i semi di soia, una carota tagliata a dadini, una pezzetto di sedano a rondelle, cipolla, aglio, prezzemolo tritato, cinque cucchiai di passata di pomodoro, sale e peperoncino. Coprire con acqua e far cuocere per trenta minuti. Un filo di olio a fine cottura.

 

 

PATE’ DI SOIA:

Ingredienti:
2 scatole di soia gialla già cotta (De Rica, Bonduelle, Valsoia al supermercato o nei negozi di macrobiotica), 1 scatoletta di tonno  da 250 grammi e 10 grammi di capperi.

Preparazione:
Inserire nel mixer  il tonno ed i capperi e frullare sino a trasformare il prodotto in crema, quindi aggiungere la soia lavata e sgocciolata e sale q.b.  e frullare sino ad amalgamare il tutto. Versare in un piatto da portata e dare al composto la forma di un patè. A piacere si può abbinare  della gelatina vegetale tagliata a pezzi, oppure porre  sopra al dorso dl patè della maionese light e qualche oliva taggiasca. Inserire in frigorifero per almeno 12 ore per la solidificazione. Il patè si conserva in frigo per diversi giorni.
Servire a fette su un letto di Rucola e Valeriana.

SOIA DE RICA, TONNO E CIPOLLE

Preparazione:
Lavare la soia dai residui della conservazione e mettere il contenuto dell’intera scatoletta in una pirofila. Aggiungere mezza scatoletta di tonno all’olio, qualche fettina di cipolla a piacimento, condire con due cucchiaini di olio e aceto.
Consumare come piatto unico.

 

 

ORZOTTO AI FUNGHI PORCINI:
Far cuocere l’orzo aggiungendo brodo di dado come fosse un risotto, quindi inserire i funghi porcini surgelati, aglio, prezzemolo e un cucchiaio di parmigiano durante la cottura per amalgamare; terminare aggiungendo olio di oliva e prezzemolo.

FILAMENTI DI SOIA ALLO ZAFFERANO: Portare ad ebollizione acqua salata. Inserire i filamenti di soia e lasciar cuocere per quindici minuti. A parte preparare un condimento facendo bollire un dito di acqua con un pezzetto di dado, aggiungere una bustina di zafferano e due cucchiai di panna da cucina. Immettere i filamenti di soia scolati nel condimento e spadellare sul fuoco. Servire con erba cipollina fresca.

INSALATA DI QUINOA: Lavate la quinoa sotto l’acqua corrente per pulirla dalle impurità e dal sapore amaro. Mettete la quinoa in acqua fredda salata (calcolate due parti d’acqua per una di quinoa) e fatela bollire per circa 15 minuti a fuoco medio con il coperchio; appena avrà assorbito tutta l’acqua trasferitela in una terrina e fatela raffreddare.
Tritate grossolanamente gli anacardi e fateli tostare per qualche minuto in una padella antiaderente.
Lavate e pelate i cetrioli, togliete i semi e tagliateli a cubetti, fate la stessa cosa anche con i pomodorini; lavate i ravanelli e tagliateli a fettine, affettate finemente anche i cipollotti.
Riunite la quinoa e tutti gli ingredienti in una terrina, condite con il succo del limone, olio EVO e sale, infine aggiungete il prezzemolo e la menta tritati; mescolate bene e servite.

ZUPPA RIPIENA DI QUINOA E SEITAN: Ricetta per due persone. Lessate la quinoa in brodo vegetale pari al triplo del suo volume. Nel frattempo tagliate a metà la zucca e privatela dei semi. Saltate il seitan tagliato a cubetti in salsa di soia e olio d’oliva. Quando la quinoa sarà pronta, scolatela ed unitala al seitan. Aggiungete un cucchiaio di origano tritato e mescolate. Riempite le due parti della zucca con il composto ottenuto, spolverizzate con del pangrattato e infornate per 15-20 minuti a 180°C.

QUINOA ALL’AVOCADO E ASPARAGI: Mentre lessate la quinoa in acqua salata insieme agli asparagi tagliati a tocchetti, affettate a cubetti l’avocado e tritate il rosmarino. Quindi scolate la quinoa e conditela semplicemente con dell’olio d’oliva e del rosmarino tritato.

CREPES CON ASPARAGI E GAMBERETTI: Preparare delle crepes utilizzando tre uova intere, latte scremato, due cucchiai di farina, sale e pepe. Far bollire gli asparagi anche eventualmente surgelati, strizzarli e frullarli. Preparare le crepes stendendo su ognuna un cucchiaio di frullato di asparagi, due gamberetti bolliti e un pizzico di erba cipollina. Far cuocere in forno senza condimento alcuno per 10 minuti e a fine cottura aggiungere un filo di olio su ogni crepes.

MOZZARELLA E POMODORINI AL FORNO: In una pirofila monodose di ceramica stendere un crostino abbrustolito di pane ai cereali, uno strato di pomodorini e uno di mozzarella di latte vaccino.
Un pizzico di origano e sale. Immettere in forno caldo per 10 minuti e aggiungere un filo di olio di oliva a fine cottura.

GRUPPO C

Preferire i pesci ricchi di grassi insaturi che ci aiutano a mantenere elastico e giovane il derma.

SGOMBRI AL NATURALE

Eliminare la testa e disporre in una pirofila da cottura adagiandoli senza sovrapposizione. Coprire con acqua, aggiungere l’aceto, una costa di sedano, la cipolla a fette, l’alloro,  il pepe, poco sale. Portare ad ebollizione  per 10 minuti e spegnere il fuoco, lasciar raffreddare qualche minuto. Disliscare e filettare il pesce e riporre i filetti su un piatto da portata. Aggiungere il trito di prezzemolo e aglio e olio a filo. Si conserva in frigorifero per una settimana.

COSTOLETTE DI AGNELLO AL CARTOCCIO : Preparare un cartoccio di carta da forno. Appoggiare su ogni monodose tre costolette di agnello, rosmarino, origano, una scaglietta di aglio e due pomodorini ciliegia. Salare, pepare e spruzzare con poco vino bianco. Chiudere il cartoccio e far cuocere per trenta-quaranta minuti. Aggiungere olio a fine cottura se necessario. Servire con erbette lesse o insalatina verde.

CARPACCIO DI SALMONE FRESCO :

Tagliare a fettine sottili il salmone e disporlo su un piatto da portata. Aggiungere una emulsione di olio di oliva, limone, sale, salsa di soia e qualche grano di pepe rosa fresco.

 TORTINO DI ALICI

In una pirofila stendere un primo strato di alici\sarde, aggiungere una manciata di crusca, il prezzemolo tritato, aglio se piace, un filo d’olio. Ripetere per un secondo strato sempre con gli stessi ingredienti. Inserire in forno preriscaldato a 200 gradi per 15 minuti e altri 10 minuti solo con grill superiore per rendere croccante il pesce.

 

 

MERLUZZO AL POMODORO

Ingredienti:
300 gr merluzzo, 70 gr pomodori, 5 gr olio extra vergine di oliva, 5 gr cipolle, prezzemolo q.b.

Preparazione:
Bollire per tre minuti il merluzzo a fuoco dolce; spinarlo quindi preparare una salsa con i pomodori e un trito di cipolla. A metà cottura unire il merluzzo e terminare di cuocere. Condire con olio di oliva e un trito di prezzemolo.

 

 

Cinquanta chilogrammi fa…

Correva il 4 aprile 1986. Ero reduce da un Congresso in quel di Mosca, dove pane e burro con caviale, salmone e storione affumicato, unitamente a vodka miscelata con uno champagne caucasico un po’ della mutua, avevano supplito alle carenze della cucina russa per un buongustaio italiano, Presidente di una Associazione Gastroenologica, non abituato a piatti dell’Est ricolmi di pecora e montone e cosparsi da intingoli di sapore forte e dolciastro.

I vestiti taglia 66 erano diventati ancora più stretti, i bottoni della giacca scoccavano come dardi, le vene del collo rigonfiavano turgide mal sopportando un colletto ormai divenuto terribilmente inadatto.
Nella notte, dormendo sul dorso, un ennesimo attacco dispnoico, con il diaframma che comprimeva l’enorme cuore da ex atleta, mi aveva ancora una volta di più convinto e impaurito di come deve essere tutt’altro che simpatico morir soffocati.
Il russare di notte e gli episodi di apnea, la “sleep-apnea-syndrome”, che frequentemente s’instaura negli obesi, erano diventati ormai di routine.
Vi posso assicurare che il risveglio in apnea è allucinante come lo è compiere spasmodici e forzati atti respiratori per riossigenarsi.
All’alba, dopo la doccia, presi il coraggio a quattro mani e saltai sulla povera bilancia guardando l’ago con un solo occhio. Senza neppur emettere un gemito per l’immane impatto quel dannato strumento di misura sentenziò: 146 kg. Eravamo ai limiti della sua pur rispettabile portata.
Fu in quel preciso momento che una forza interiore mi fece odiare come non mai il mio corpo sfasciato e mi convinse a tentare, questa volta con volontà teutonica, l’ennesima cura dimagrante. Per me era l’ultima spiaggia. Si, perché è bene che si sappia che, dopo una gioventù con un corpo snello e armonioso che svettava a un metro e novanta, deposta la spada e abbandonato l’agonismo sportivo, l’adipe cominciò sornione ad accumularsi sul mio ventre e sul mio collo, lasciando però immutati gambe, braccia e fondo schiena.
Gli anni di Università in quel di Parma con i succulenti tortelloni di magro del rinomato ristorante “Aurora”  innaffiati dall’ottimo lambrusco della Casa e i golosi piatti preparati da mia madre che, seppur torinese, aveva appreso tutti i segreti della cucina piacentina, avevano fatto scempio del mio corpo. A 28 anni, andando sposo a Torino, toccavo i 100 kg, che diventavano 110 a 30 anni, per stabilizzarsi poi con molti alti e bassi sui 130/135 kg dai 35 anni in poi.
Disordini alimentari, abbuffate in pantagrueliche  cene associate all’ingestione incontrollata, e ormai divenuta una libido, di decine e decine di bibite, mi avevano stabilizzato il tasso glicemico intorno ai 110, perennemente in uno stato prediabetico legato all’obesità, con una curva glicemica però sempre perfetta.
La sete era sempre tipo “deserto” e a Torino era noto che, organizzando una serata in casa, si preparavano due frigoriferi ricolmi di bibite, uno per Giorgio Re e uno per gli altri 45 invitati. Al bar della Clinica Odontoiatrica, all’ora dell’aperitivo, 12 panini imbottiti vivevano il sogno di una notte di mezza estate. L’attuale nuovelle vague di giovani paninari ne sarebbe certamente uscita sconfitta.
Ricordo il Congresso di Napolidel 1962. Dopo un’abbuffata da Giuseppone a Mare con ogni portata triplicata, venne la sfida con l’amico Stroffolini. In una pasticceria a Santa Lucia vinceva chi ingurgitava il numero maggiore di babà grandi come un pugno. Fungeva da arbitro l’amico Giancarlo Valletta. Davanti a una trentina di congressisti attoniti persi la sfida, cedendo al sedicesimo babà.
Da sempre la mia massima aspirazione era di pasteggiare a champagne come soleva fare Re Faruk, stroncato alla “Belle France”con dodici ostriche royal e una coppa di Dom Perignon in mano.


Mi sovviene della notte della scossa di terremoto. Ero arrivato dopo la mezzanotte a Bordighera. Una torrida notte di luglio. Subito guadagnai il letto stravolto dalla dura giornata di lavoro e dal viaggio nella calura sul 2300 Fiat senza aria condizionata. Come un automa in pieno sonnambulismo arrivai più volte al frigo in cucina ingurgitando d’un fiato una aranciata amara dopo l’altra. Quando alle 5:57 la scossa di terremoto ci catapultò sulla strada fra bellocce tedesche ignude del Meublé di fronte, mia moglie amaramente contò sedici vuoti.
L’aver avuto il mio primo studio in quel di Barge, paese dei miei avi, mi aveva fatto diventare un habitué della Trattoria della Posta di Cavour, detta anche dei Grassoni, dove la signora Genovesio mi coccolava nei miei spuntini solitari, prima dell’andar a curar i denti, con ripetute dozzine di agnolotti piemontesi, con tartufi in stagione, cotechini caldi troneggianti su carrelli di carne lesse miste, il tutto innaffiato da un Barbera paragonabile al nettare degli dei. Un budino fatto esclusivamente di panna e uova doveva aiutare la lenta discesa della montagna di crauti e salse verdi con generoso aglio ingerite come contorni ai lessi misti.
Un altro record l’avevo conquistato alle Seychelles, dove, ospite di amici bolognesi, avevo placato i bruciori della cucina creola delle quattro negrette, scolandomi una trentina di birre al giorno, stante la mancanza di vino e l’imbevibile acqua gassata preparata dal padrone di casa.
Rimorsi di coscienza ne avevo avuti tanti! Rimbrotti a catena da mia maglie, pure. In trent’anni, di diete dimagranti ne avevo avute a iosa, sempre cominciando il lunedì.
Avevo vissuto a pompelmi, a limoni, a otto uova al giorno, con i pasti ipocalorici in bustine, con la dieta di Beverly Hills, con la cura dell’uva, con la dieta vegetariana, con cure a base di pillole, lassativi e diuretici, con la dieta del fantino, con la dieta a punti reclamizzata da un giornale femminile.
Avevo ingerito tonnellate di filetti alla brace (che nausea!), con montagne di insalata mal condita senza olio; mi intestardivo con le diete dissociate, sapendo che al martedì e al sabato a mezzogiorno mi veniva rifilata la solita macedonia di frutta, al mercoledì il tonno in scatola, alla sera il petto di tacchino americano allegato in batteria e il venerdì l’insipido filetto di sogliola cotta al vapore. La nurse inglese di mio figlio, che diciottenne presentava un fondo schiena oceanico, tipo eliporto, mi aveva plagiato facendomi vivere come lei con 12 nauseanti banane al giorno.
E non parliamo di farmacopea! Con rischio e pericolo per il mio equilibrio fisico e psichico avevo provato decine di anoressizzanti, molti dei quali a base di anfetamina, subito abbandonati per diventare nevrastenico, insonne e insopportabile.
Ero poi passato alle capsule e alle cialde da ingerire mezz’ora prima dei pasti per riempire lo stomaco e allontanare gli stimoli della fame. Di norma per me fungevano da aperitivo e mi sedevo al desco più affamato di prima. Non avevo scordato di provare farmaci che avrebbero dovuto divorare il sovrappiù degli zuccheri circolanti nel mio corpo e non fagocitati da un pancreas sonnolento e con tanta poca voglia di lavorare.
Ma torniamo al fatidico aprile dell’86. Una cara amica mi aveva dato l’indirizzo di un ennesimo dietologo. Aveva lo studio in un paesino della cintura torinese. Telefonai per un appuntamento che con deliziosa cortesia mi venne concesso per la sera stessa.
Fu così che, dopo una non certo distensiva seduta al consiglio della Facoltà di Medicina, con scarsa fiducia  arrivai a None dal Dott. Claudio Saluzzo. Le 5 de la tarde erano passate già da un pezzo, ma la sala d’attesa rigurgitava di pazienti.
Fatto subito passare, sgusciando, si fa per dire, da una porta laterale, dopo pochi istanti ero di fronte al mio uomo. Giovanissimo, occhialini d’oro, camice verde tipo Huston, papillon alla francese, mi accolse molto gentilmente dandomi del tu. Mi fece spogliare, sedere sul lettino, e solo allora ebbi la netta sensazione che a quel Collega trentenne sbarbatello dovevo fare letteralmente schifo! Mi praticò l’elettrocardiogramma, mi misurò la pressione, martellandomi le ginocchia si rese conto dei miei riflessi, analizzò accuratamente gli esami di laboratorio che avevo portato con me e, con argomentazioni che subito mi avvinsero, centrò con immediatezza sconcertante il mio problema.
Tutto quanto avevo fatto in precedenza nel vano tentativo di alleggerirmi di un po’ di lardo era stato completamente inutile e soprattutto errato. La mia obesità doveva essere curata come una malattia vera e propria e non solo con una dieta ipocalorica che per anni non aveva sortito effetto alcuno e soprattutto mi faceva tornare allo statu quo ante non appena riprendevo a gustare due penne all’arrabbiata.
Rimasi letteralmente affascinato dalla scientificità delle sue argomentazioni, improntate su basi psicologiche estremamente convincenti e su di uno spirito di osservazione clinica veramente strabiliante. Ero andato da un dietologo, ma avevo trovato un medico, che con una visione multidisciplinare  si accingeva a studiare il funzionamento del mio pancreas, del fegato, della tiroide, dei miei ormoni, non tralasciando la valutazione del mio equilibrio psichico e dei miei problemi, prima di darmi una dieta e di prescrivermi farmaci.

La mia obesità era addensata sull’addome e sul collo. Si trattava certamente, mi disse  Saluzzo, di una disfunzione pancreatica abbinata ad una alimentazione errata.
Dovevo dimenticare almeno per un certo periodo di tempo tutti quegli alimenti che anche in minima parte contengono glicidi. In quel preciso istante la mia mente corse alle casse di pompelmi che avevo ingerito e solo quelli, senza perdere un grammo, con il pericolo, avvenuto, di un serrate apocalittico della mia ultima funzione intestinale.
La dieta consigliata mi parve un invito alla Corte dei Re di Spagna: si potevano mangiare a gogò carne rossa, bianca, maiale, salsiccia, prosciutto cotto e crudo, bresaola, pesci di tutti i tipi, freschi e affumicati, frutti di mare, ostriche, crostacei. Mi sentivo già al ristorante “La Smarrita” di Torino, certamente fra i migliori di Italia, dall’amico Moreno.

     

La lista delle cibarie consentite proseguiva. Alla sveglia era possibile assumere thè, orzo, caffè, con un paio di cucchiai di “Millesimi” un prodotto a base di grano, segala, orzo, lino, sesamo, miglio, uvetta, susine, noci, mandorle, nocciole, zucchero di canna, fieno greco e guaranà. L’indispensabile apporto glicidico giornaliero.
Il “Millesimi” è un integratore alimentare  preparato da alcune aziende specializzate nel settore dell’alimentazione eubiotica su indicazione del Dottor Saluzzo. Dotato di un alto valore energetico con un elevato contenuto di fosforo, elemento indispensabile per la memoria, il “Millesimi” è essenziale come apportatore di fibre, oligoelementi e vitamine per un buon stato di salute e per la corretta educazione alimentare.

Elencò poi gli alimenti assolutamente proibiti perché, anche in piccole dosi, inattivano la terapia specifica. Niente latte, latticini, pane, crackers, pasta, frutta, bere bevande dolci, cioccolato, grissini, riso, dolciumi, alcolici.
Non era poi un dramma. Ho sempre preferito un’acciuga o una sardina alle torte bavaresi di mia madre o ai monumentali gelati serviti nei bar e nei ristoranti del Rockfeller Center di New York.
Latte non ne avevo mai bevuto se non direttamente dal seno. La rinuncia dolorosa era il vino, che di norma consumavo solo a pranzo serale.
Per un rinomato buongustaio, Presidente dell’Associazione Gastroenologica, il desinare a salmone di Scozia affumicato e a ostriche “Belon cinque zeri” accompagnate da acqua minerale del 1986 poteva voler dire l’immediata destituzione dalla carica e il dileggio dei soci tutti.
Nessun problema per i superalcolici perché sin da ragazzo ho paragonato whisky, vodka e cognac e benzina, gasolio e petrolio.

 

Diagnosi obesità

L’Obesità è una patologia correlata allo sviluppo di altre malattie come diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemie, patologie respiratorie, sindrome metabolica, osteoartrosi; molte di queste aumentano il rischio cardiovascolare cioè la probabilità di avere eventi come ictus o malattia coronarica/infarto miocardico che portano ad una peggiore qualità di vita o addirittura ad una morte prematura.
Il percorso riabilitativo di DHC si struttura intorno ad una corretta alimentazione ed un aumento dell’attività fisica, il tutto orientato all’acquisizione di stili di vita più corretti per la salute.

Caratteristica fondamentale è il lavoro sull’empowerment ovvero sulle capacità del paziente di acquisire un ruolo attivo e consapevole nella gestione della propria complessa patologia cronica.

Questo viene perseguito mediante:

1- Anamnesi non solo delle preferenze e delle intolleranze nutrizionali ma anche dei tempi entro i quali si possono consumare i pasti
2- Apprendimento attraverso la funzione di coaching dietologico e comportamentale  (corretta alimentazione, attività fisica)
3- Ruolo attivo: dalla dieta fino alla gestione autonoma dell’alimentazione e dell’attività fisica servendosi delle apposite applicazioni scaricabili gratuitamente sul proprio cellulare
4- Aumento/rinforzo della motivazione al cambiamento

Se il rapporto peso / altezza è uguale o superiore a 27 di BMI (kg /m2) e sono presenti anche dislipidemia o altre patologie oppure se il BMI è uguale o maggiore di 30 e la dieta unitamente al servizio di coaching e alle varie strategie nutrizionali non fossero in grado di migliorare la condizione del paziente è sempre possibile ricorrere alle terapie farmacologiche specifiche e personalizzate.

Il rapporto peso/altezza che in italiano ha come acronimo IMC (Indice di Massa Corporea) mentre in inglese è definito BMI ( Body Mass Index) è un numero che si ottiene dividendo il peso della persona in esame per il il quadrato dell’altezza misurata in metri. Per esempio per un uomo alto 175 cm che pesa 70 kg per sapere il suo BMI o IMC che dir si voglia si dovrà moltiplicare l’altezza misurata in metri (in questo caso 1,75) per se stessa quindi 1,75×1,75 = 3,06 e dividere il peso (70kg) per questo numero. Pertanto si avrà 70:3,06=22,8. Il BMI è considerato “normale” se ha valori compresi tra 18 e 24. Si parla di lieve sovrappeso o sovrappeso di primo grado se compreso tra 25 e 27. Tra 27 e 30 sovrappeso di secondo grado. Oltre il 30 si parla di obesità. Il virgolettato sulla parola normale l’ho messo perché in realtà molti atleti hanno un peso elevato senza avere un eccesso di grasso.

5- Trattamento a lungo termine

La nuova frontiera della cura dell’obesità è stato possibile raggiungerla grazie ai nuovi farmaci pensati non solo per perdere peso ma soprattuto per rimanere magri. Saxenda, il farmaco derivato dal GLP-1, è possibile assumerlo anche in casi particolari di polipatologie e soprattutto di politerapie. Trattandosi di un ormone presente normalmente nell’organismo di chiunque, il suo corretto impiego, sotto stretto controllo del medico specialista nella cura dell’obesità, può essere paragonato alla cura dell’ipotiroidismo mediante la Levotiroxina (Eutirox – Tirosint – ecc.) che è pensata non solo per la cura ma anche per il mantenimento nel lungo periodo dei risultati ottenuti.

Allo stesso modo Mysimba è impiegato anche nel lungo periodo quando sia necessario intervenire sull’umore e sul comportamento della persona con il BMI uguale o maggiore di 30 oppure che pur avendo un BMI di 27 presenti ipercolesterolemia, ipertensione, dislipidemia ecc.

Complicanze dell’obesità

GLI “ORGANI” SOTTO PRESSIONE PER L’AUMENTO DI PESO

Il sovrappeso non è un problema solo estetico. I rischi per strutture e apparati sono molti e aumentano con la crescita ponderale.
• Varici venose degli arti inferiori
• Diabete
• Malattie cerebrovascolari
• Malattie coronariche
• Problemi respiratori
• Problematiche legate al peso sulle articolazioni
Ognuno di questi elementi connessi con l’obesità scompare o si attenua gradualmente non appena la persona inizia a perdere peso.

IL CUORE E LA PRESSIONE

Un motore “programmato” per soddisfare le esigenze di un’auto presenta seri problemi quando si trova a dover muovere un camion. Allo stesso modo animare un corpo che è aumentato eccessivamente rispetto al peso abituale è una fatica eccessiva per il cuore programmato per una struttura che era molto più leggera.
La maggiore massa organica, aumenta il letto circolatorio, cioè la rete di arterie che irrorano l’organismo.

Il cuore, per consentire al sangue di raggiungere ogni zona del corpo, deve aumentare il ritmo e la forza dei battiti, questo fa salire i valori della pressione arteriosa.
Il cuore, lavorando di più, ingrossa le sue pareti, tanto che anche le coronarie non riescono a irrorarlo in maniera adeguata. In questi casi aumenta il rischio di infarto.

 

LE OSSA

A causa di un’esagerata massa corporea, lo scheletro si trova a dover sopportare un peso doppio rispetto al normale.
Molto frequente è la comparsa di ernie o artriti in corrispondenza delle articolazioni più sollecitate, come le ginocchia o la colonna vertebrale.

A causa del peso eccessivo, tutte le ossa e le articolazioni si consumano più in fretta. In alcuni casi, si può arrivare addirittura all’immobilità.

 

 

 

 

 


LA PELLE

Non possono essere trascurate le complicazioni cutanee, cioè le frequenti infiammazioni che possono insorgere a causa di un ristagno di sudore, di batteri e funghi sotto le pieghe della pelle che ricadono su se stesse.

 

L’ORMONE INSULINA

Il diabete ha una stretta relazione con l’obesità, perché l’alterazione del metabolismo insulinico (e quindi anche del glucosio) porta a un aumento del deposito di grasso.
Oltrepassato un certo peso, avvengono alterazioni sia della produzione sia della sensibilità all’insulina.

Questa condizione definita iperinsulimemia per la tendenza ad avere un aumento di quest’ormone nel sangue è responsabile dell’effetto anabolizzante che porta ad accumulare i grassi nel tessuto adiposo.

 

 

GLI ORMONI FEMMINILI

Un’altra tipica disfunzione della donna obesa è la dismenorrea, cioè il ciclo non regolare, spesso accompagnato a problemi di dolore e ovaio policistico.

LA COLECISTI

L’obesità addominale frequentemente si accompagna a calcolosi della colecisti. In questi casi il fegato tende a produrre una bile detta litogenica, cioè che dà origine a calcoli. Per converso, quando la persona è dimagrita, ha lo stesso indice di litogenicità di quella di peso normale.

Anche questo è uno dei problemi che scompaiono proporzionalmente alla riduzione del peso corporeo.