Test genetici per la salute e il peso

TEST GENETICO DNA E DIETA

Attraverso le recenti scoperte nell’ambito della nutrigenetica, è oggi possibile capire come il nostro corpo reagisce a determinati alimenti.
I test genetici sono mirati a ricercare eventuali intolleranze al lattosio e glutine, a individuare polimorfismi che alterano il metabolismo della vitamina D, dell’acido folico, degli zuccheri, dei lipidi.
Effettuando il test si ottiene quindi il referto dettagliato dei risultati, con le eventuali positività a intolleranze od alterato metabolismo. Sulla base dei risultati viene fornita una lista di alimenti di cui è consigliato aumentare o diminuire il consumo, per iniziare da subito la propria alimentazione nutrigenetica personalizzata.
Seguendo un’alimentazione geneticamente compatibile si perde più peso e con minori difficoltà e si mantengono nel tempo i risultati ottenuti molto più facilmente rispetto ai classici regimi dietetici.

POLIMORFISMI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E SPORT 

La nutrigenetica permette oggi di conoscere gli alimenti che peggiorano lo stato fisico della persona  e quelli che lo migliorano, in modo da poter personalizzare il piano nutrizionale sulla base del proprio DNA anche attraverso test che coinvolgono la prestazione sportiva.
Lo screening comprende test indicativi dello stato del tessuto muscolare sia in termini di resistenza all’affaticamento che alla capacità di rispondere a stress esterni.
Viene analizzata la possibilità di lesioni spontanee in seguito a sforzi prolungati, lo stato infiammatorio generale che può compromettere la prestazione sportiva, la capacità dell’organismo di rispondere allo stress ossidativo.
Sulla base dei risultati viene fornita una lista di alimenti di cui è consigliato aumentare o diminuire il consumo, ed una dieta di cinque pasti giornalieri su dieci , per iniziare da subito la propria alimentazione nitrigenetica personalizzata.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E ANTI INVECCHIAMENTO

Il test, nel dettaglio, nasce dall’evidenza scientifica che indagando specifiche sequenze nel nostro DNA ed applicando le opportune strategie per contrastare l’espressione di determinati polimorfismi si riesce a minimizzarne gli effetti del tempo.
Tali studi hanno portato oggi a conoscere gli alimenti che possono contribuire sia positivamente, sia negativamente e quindi determinare l’invecchiamento.
Quando si parla di anti-invecchiamento via immediata l’associazione al concetto estetico dell’invecchiare; pochi si soffermano a pensare che invecchiare bene ed in salute si traduce anche in un benessere psico-fisico, che si può percepire anche esteriormente.

Studi di genetica di nutrizione hanno inoltre chiarito i meccanismi molecolari alla base di questa stretta relazione tra i nutrienti e l’invecchiamento. Infatti, i nutrienti contenuti nei diversi alimenti, sono in grado di influenzare l’espressione dei nostri geni, cioè di “accendere” o “spegnere” specifiche sequenze sul nostro DNA. Tali studi hanno portato oggi a conoscere gli alimenti che possono contribuire sia positivamente, sia negativamente, a determinare l’invecchiamento.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E GERIATRIA

La conoscenza del nostro DNA può fornire indicazioni indispensabili per accompagnare l’anziano verso l’invecchiamento fisiologico in condizioni di benessere, attraverso la scelta di alimenti più adatti alla genetica individuale.
Adottare opportuni cambiamenti del proprio regime alimentare a stile di vita permetterà di tenere sotto controllo l’espressione di queste predisposizioni genetiche nella maniera più semplice ed efficace prima che incidano sul benessere individuale nelle varie tappe del processo di invecchiamento.

GENI ANALIZZATI

 

TEST GENETICO DNA E PSICHE

La depressione non è una “malattia mentale” ma una vera e propria patologia (Jamie Flexman) che si può prevenire e curare. Chi non ha mai sofferto di depressione o di disturbi dell’umore difficilmente potrà capire come ci si sente. La depressione è subdola, arriva all’improvviso quando meno te lo aspetti e cambia totalmente la tua vita, il tuo modo di essere e di rapportarti al mondo esterno.
La depressione, e i disturbi dell’umore in genere, possono avere varia origine tra cui quella genetica: si nasce geneticamente predisposti. Questo che sembra un destino “inevitabile” può essere affrontato e corretto.

E tutto questo solo attraverso la conoscenza del proprio DNA e assumendo i nutrienti più adatti alla propria genetica.

GENI ANALIZZATI

 

 

Gastropanel

Tranquillità per il tuo stomaco

Il Gastropanel rappresenta un test che permette di diagnosticare, con un semplice prelievo di sangue, una gastrite determinata da Helicobacter Pylori e soprattutto valutare la gravità dell’infiammazione / infezione dello stomaco.

Questa analisi, che si compie sul siero, permette inoltre di indicare la parte della mucosa gastrica più colpita e se vi è la produzione in eccesso di acido che può condizionare un reflusso esofageo con forte sintomatologia.

Gastropanel si compone di più dosaggi di sostanze prodotte dallo stomaco e dal dosaggio degli anticorpi contro L’Helicobacter Pylori.

 

I PEPSINOGENI

Sono sostanze che vengono prodotte dallo stomaco. Il Pepsinogeno I viene prodotto dalla parte alta dello stomaco (Corpo e Fondo). Il Pepsinogeno II viene prodotto da tutto lo stomaco (Corpo, Fondo ed Antro). Quando vi è gastrite, si ha una sofferenza delle cellule dello stomaco, che producono meno Pepsinogeno I e II, vista la diversa collocazione della produzione di queste sostanze, si può dedurre in quale parte dello stomaco la gastrite è più grave o ha colpito maggiormente.

GASTRINA 17

E’ un ormone prodotto dalla parte bassa dello stomaco (Antro). I suoi dosaggi possono indicare una patologia dell’antro e/o una iperacidità quando la gastrite è fortemente aggravata.

ANTICORPI ANTI HELICOBACTER PYLORI

Il dosaggio di questi anticorpi permette di individuare il contatto con il batterio in questione che sopravvive e si sviluppa nella mucosa gastrica sviluppando infiammazioni croniche che possono evolvere in severe gastriti, nell’ulcera peptica ed anche nel carcinoma dello stomaco. Più del 50% della popolazione ha contratto l’infezione da Helicobacter Pylori.

RISULTATI

L’interpretazione dei risultati viene eseguita mediante un’elaborazione informatica.

Questa valutazione può fornire più indicazioni cliniche vantaggiose per il medico curante:

  1. Presenza di Dispepsia funzionale senza gastrite
  2. Presenza di Gastrite da Helicobacter Pylori
  3. Presenza di Gastrite Atrofica con valutazione di gravità
  4. Valutazione delle condizioni della mucosa del Fondo, Corpo ed Antro dello stomaco  (normale, gastrite, gastrite atrofica)
  5. Presenza di Iperacidità che può condizionare reflusso esofageo fortemente sintomatico.

GASTROPANEL è quindi un test che permette, con un prelievo ematico, di dare al clinico informazioni importanti per il paziente con patologia gastrica, consigliando l’evoluzione delle pratiche diagnostiche soprattutto per l’esecuzione appropriata di una gastroscopia.

 

 

 

Bibliografia:

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Le caratteristiche della gastrite atrofica in pazienti con patologia da riflusso erosivo (ERD) c non­ erosivo (NERD)
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Ottimizzazione del monitoraggio a lungo termine dei livelli di pepsinogeno a seguito dell’eradicazione di Helicobacter pylori.
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La selezione dei pazienti da sottopone alla seconda gastroscopia
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Y. Talebkhan, F. Ebrahimzadeh, A. Farjnddoost, A. Oghalaie, A. Morakabati   A. Nahvvijou e M. Mohammadi
I livelli di pepsinogeno nella messa a punto di programmi di screening del cancro allo stomaco presso popolazioni iraniane a rischio.
Biotechnology Research Center, Pasteur Institute of Iran, Teheran, Iran; Qom University of Medical Sciences, School of Medicine, Qom, Iran; Cancer Research Center, Teheran University of Medical Sciences, Teheran, Iran

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 Infezione da Helicobacter Pylori, IL-1Beta e anemia da deficienza di ferro in pazienti in età pediatrica
Universidade Federal de Minas Gerais, Belo Horizonte, Brazil; Leeds Institute of Molecular Medicine, Leeds, UK.

 

 

 

Breath test al lattosio

Le intolleranze alimentari costituiscono un capitolo importante nella patologia del tubo digerente e possono condizionare sintomatologie croniche, difficili da diagnosticare.


Una intolleranza alimentare molto conosciuta e molto diffusa è rappresentata dall’intolleranza al lattosio, principale zucchero presente nel latte e nei suoi derivati.
In Italia circa il 40-50% della popolazione è portatore di questa patologia con sintomatologia di differente gravità.

CAUSE

L’intolleranza al lattosio è una forma diffusa di carenza intestinale dell’enzima LATTASI.
Questo enzima è prodotto dalle cellule della prima parte del nostro tubo digerente, l’intestino tenue, e agisce sul lattosio, zucchero del latte.

Si tratta di uno zucchero composto da due unità semplici il glucosio e il galattosio.

La lattasi divide questo zucchero complesso nei suoi componenti semplici: solo in questo modo il nostro intestino è in grado di assorbire questi zuccheri.
Una carenza dell’enzima digestivo causa l’incapacità intestinale a digerire il lattosio che passa senza essere digerito nel nostro intestino tenue, raggiungendo l’ultima parte del nostro tubo digerente: il colon.
Nel colon risiede la microflora intestinale che aggredisce il lattosio provocando per fermentazione produzione di gas.

PRINCIPALI SINTOMI

I sintomi principali sono causati dell’intensa fermentazione e produzione di gas che il lattosio, non digerito e metabolizzato dalla microflora, produce a livello del colon.
I sintomi si manifestano 1-2 ore dopo il pasto contenente il latte o suoi derivati e sono principalmente:

  1. Gonfiore intestinale con presenza di gas (flatulenza)
  2. Dolori addominali
  3. Diarrea

Il gas prodotto dalla fermentazione causa flatulenza e gonfiore nelle pareti intestinali e questa distensione del colon produce dolore, a volte intenso e crampiforme.
Il lattosio non digerito attira per osmosi acqua dal nostro organismo nel lume intestinale, provocando diarrea acida.
Questa sintomatologia è differente fra paziente e paziente con manifestazioni di varia intensità a seconda del grado di carenza dell’enzima intestinale “Lattasi”.

 

Il test in questione è sicuro, affidabile, specifico e di semplice esecuzione e si basa su un meccanismo diagnostico molto semplice: il lattosio non digerito, per carenza intestinale dell’enzima lattasi, viene metabolizzato dalla nostra flora intestinale e produce idrogeno (H) che viene assorbito e rilevato nel respiro.
Il paziente raccoglierà con provette apposite il proprio respiro, prima e dopo aver digerito una soluzione con 25 grammi di lattosio.
L’intolleranza alo zucchero del latte può essere quindi dimostrata dall’aumento della concentrazione di idrogeno nel respiro raccolto ogni 30 minuti per 3 ore dopo l’ingestione della soluzione diagnostica.
Questo test permette di diagnosticare con certezza l’intolleranza al lattosio, indirizzando il clinico ed il paziente verso scelte alimentari corrette.

 

Lipidomica

CHE COSA E’ LA LIPIDOMICA?

La lipidomica è una disciplina innovativa che studia i lipidi in modo dinamico, ovvero seguendo i cambiamenti del metabolismo dei grassi durante gli eventi fisiologici e patologici a cui l’organismo va incontro. In particolare vengono effettuate delle indagini sulla membrana cellulare del globulo rosso, in modo tale da valutare e seguire il destino degli acidi grassi saturi ed insaturi del soggetto, mettendo in luce sia il bilanciamento dei diversi tipi di acidi grassi sia la presenza di fenomeni di degradazione e trasformazione ad opera dei radicali liberi. Sulla base delle più attuali conoscenze scientifiche in lipidomica e stress radicalico, Lipinutragen ha sviluppato un metodo originale per la valutazione del globale equilibrio della membrana cellulare, sia in condizioni fisiologiche che patologiche.

Tramite il test si possono fornire indicazioni nutrizionali personalizzate. Il test infatti verifica la presenza di deficit di acidi grassi essenziali o eventuali disequilibri.
Il referto si compone di 4 parti dove vengono indicati:

  1. i valori e le percentuali degli acidi grassi della membrana eritrocitaria del soggetto a confronto con l’intervallo dei valori di normalità;
  2. la lettura ragionata delle piste con grafico e indice MUI -Membrane Unbalance Index;
  3. consigli nutrizionali con alimenti permessi, da consumare con moderazione o vietati;
  4. suggerimenti per l’intervento nutraceutico

 

Impedenziometria

L’Impedenziometro è uno strumento sofisticato e di semplice utilizzo che consente di misurare l’impedenza del corpo umano attraverso la quale è possibile scomporre il peso di una persona in massa magra, massa grassa, acqua intra ed extracellulare. L’esame impedenziometrico serve per capire se siamo magri pur pesando molto o invece grassi pur pesando poco. 

Questo esame è fondamentale per poter rispondere a quesiti importanti in questa branca della Medicina Funzionale:

Soffro di ritenzione idrica?

Mi sento gonfia, ho l’impressione di essere piena di acqua! 

Perché un tempo, anche se ingrassavo molto, appena mi mettevo a dieta perdevo peso invece ora non ci riesco più?

Quanto dovrei pesare?

Perché mi vedo sempre grasso pur avendo perso molto peso? 

 

ANALISI DATI IMPEDENZIOMETRICI

Il peso totale deve essere scomposto in massa grassa e massa magra da questa poi l’impedenziometro estrapola la massa muscolare che rappresenta la componente metabolicamente più attiva e che consente di calcolare il metabolismo basale ovvero il consumo calorico non legato all’attività fisica. Si è grassi non in rapporto al peso fatto registrare sulla bilancia ma in base al grasso che allo specchio vediamo appesantire la nostra fisionomia e che ora è diventato una misura facilmente accertabile. Pertanto se sono alto 170 cm – peso 100 kg e ho una massa grassa del 30% allo specchio non vedrò il corpo di un culturista dalle grosse membra scolpite dalla fatica ma quello di una persona sedentaria grassa, e anche se perdo 30 kg e ho raggiunto il peso che può essere considerato ottimale per la mia altezza secondo il calcolo del BMI (Body Mass Index = Kg/m²) mi vedrò sempre come un sedentario grasso anche se deperito qualora la percentuale di Massa Grassa rimanesse del 30%. La perdita della massa muscolare – diminuendo il dispendio energetico basale – comporta una maggiore facilità ad ingrassare, stanchezza, pallore, svogliatezza e bisogno di quegli alimenti ad alto Indice Glicemico: dolci – frutta – prodotti da forno – bevande energetiche che sono i più difficili da “smaltire”.

Secondo la legge di Ohm, tutte le sostanze offrono una resistenza al passaggio di una corrente elettrica e questo vale anche per il corpo umano.
Pertanto l’impedenza del corpo è proporzionale alla diminuzione di tensione che si riscontra alle sue estremità, quando esso è attraversato da una corrente elettrica alternata.

Il tessuto adiposo ha meno acqua e pertanto offre una resistenza maggiore rispetto al tessuto muscolare. Con gli elettrodi posti su mani e piedi, la persona deve assumere una posizione distesa, rilassata, con braccia e gambe allargate. L’impedenziometro, collegato tramite elettrodi al paziente, misura la resistenza che il corpo oppone al passaggio di una corrente debolissima ad altissima frequenza (50.000 Hz), del tutto inavvertita dal paziente. Ricavato il valore dell’impedenza corporea, tramite alcuni algoritmi e con l’ausilio di un computer, si risale al contenuto di acqua corporea, intra ed extra cellulare e, ai valori di massa magra e di massa grassa.

È riscontrato che l’angolo di fase di una persona sana oscilla fra i 4 ed i 15 gradi, in relazione soprattutto alla capacità delle membrane cellulari di rallentare il flusso di corrente. Pertanto, l’angolo di fase può essere assunto come un indice prognostico dello stato d’integrità delle membrane cellulari.
Le dimensioni della reattanza (Xc) e della resistenza (R) appaiono regolate matematicamente e geometricamente, vedi legge di Pitagora. Dall’impedenza e dall’angolo di fase (Φ), si posso ricavare R e Xc, e non viceversa.

 

Bibliografia:

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Int J Obes Relat Metab Disord.2003;27 :610– 616

Holter Metabolico

Holter Metabolico

Come già avviene per la pressione arteriosa o per la funzionalità cardiaca o per il reflusso gastro-esofageo, anche per l’analisi accurata del consumo calorico è finalmente possibile misurare, per diversi giorni, il comportamento individuale. In pratica attraverso il rilevatore messo al braccio è possibile sapere non solo quante calorie si sono consumate nelle ventiquattro ore ma addirittura, quante di queste hanno raggiunto l’intensità che può consentire di modificare la composizione corporea, vale a dire aumentare i muscoli e diminuire gli accumuli di grasso. In questo modo è possibile rispondere scientificamente a una domanda molto frequente:
<per quale motivo pur andando in palestra tre volte a settimana non perdo peso?>

L’Armband è un rivoluzionario monitor multi-sensore che, indossato a “fascia” sul tricipite del braccio dominante, permette un campionamento continuo di alcune variabili fisiologiche e dell’attività fisica. Da questi dati è possibile estrapolare:
1) calorie consumate; 2) intensità e durata dello sforzo fisico; 3) sudorazione; 4) disturbi del sonno.

Infatti, per mezzo dell’Holter metabolico, che funziona come una sorta di macchina della verità, è possibile sapere quante ore la persona trascorre in maniera “sedentaria”, cioè vigile ma senza fare movimento, guardando la televisione, davanti al computer, leggendo il giornale o semplicemente oziando e, quando si sta coricati, ma ci si rigira nel letto e, quando si dorme il sonno ristoratore e normale. Sono svelati, anche quei risvegli dei quali al mattino non abbiamo ricordo e, che sono il motivo del senso di stanchezza e fatica, dei quali non sappiamo dare una spiegazione plausibile, dal momento che ci si è appena alzati dal letto! Tutto ciò, in condizioni assolutamente fisiologiche durante la vita di tutti i giorni e in qualsiasi ambiente.

Si tratta dello strumento ideale per valutare l’attività del Paziente, non solo allo scopo di conoscere il vero dispendio energetico medio, nel corso di una settimana tipo, ma anche per il controllo, dose-beneficio, dei farmaci impiegati nella cura dell’insonnia, nel diabete mellito e insulino-dipendente.

La quantità di insulina necessaria diminuisce quando migliora lo stile di vita. Inoltre, l’Holter metabolico è utile nello sportivo perché, consente di assumere gli integratori nel momento e nella quantità necessarie, in base allo sforzo agonistico e, alla sua intensità, che lo strumento misura in mets”.  Un M.E.T. (Metabolic Equivalent of Task) è l’unità di misura impiegata per indicare l’intensità di uno sforzo fisico.
 Un MET è definito come la spesa energetica a riposo di un individuo adulto medio, equivale a 3,5 ml di consumo di ossigeno per Kg di peso corporeo al minuto. Semplificando possiamo dire che:

1MET= 1Kcal X 1Kg corporeo X 1ora

 

La QUALITA’ del sonno è fondamentale perché ci si possa sentire energici e riposati al risveglio. Il semplice russare di notte o nei casi più gravi le apnee notturne possono essere il motivo di un sonno interrotto e del malessere avvertito durante il giorno. La patologia dell’insonnia può avere caratteristiche molto diverse e per essere affrontata correttamente deve poter essere analizzata con precisione. 
A che ora abitualmente ti svegli? Una volta coricato, quanto tempo impieghi ad addormentarti? Vai a dormire nel pomeriggio?
Inoltre per mezzo del rilevatore è possibile scoprire se la causa del risveglio notturno coincide con un picco della temperatura cutanea e del grado di sudorazione, come per indicare il momento in cui l’incubo ci ha coinvolto al punto di dover interrompere il sonno.

 

ESEMPIO GRAFICO HOLTER METABOLICO:

 

Bibliografia:

Jonathan Myers  EXERCISE CAPACITY AND MORTALITY AMONG MEN REFERRED FOR EXERCISE TESTING  N.Engl. J. Med. 2002, 346:793-801
Roger VL, Jacobsen SJ, Pellikka PA, Miller TD, Bailey KR, Gersh BJ.  Prognostic value of treadmill exercise testing: a population-based study in Olmsted County, Minnesota. Circulation 1998;98:2836-41. 

Goraya TY, Jacobsen SJ, Pellikka PA,  Prognostic value of treadmill exercise testing in elderly persons.  Ann Intern Med 2000;132:862- 70.
Kristen M. Polzien, John M. Jakicic, Deborah F. Tate and Amy D. Otto* The Efficacy of a Technology-based System in a Short-term Behavioral Weight Loss Intervention Obesity. 2007;15:825– 830

Intolleranze alimentari

Per mezzo di un prelievo di sangue venoso opportunamente centrifugato, si valuta al microscopio, la reazione degli elementi corpuscolati del sangue del paziente. Quando i globuli bianchi entrano in contatto con alimenti e sostanze chimiche opportunamente selezionate si determina una reazione che viene misurata con un punteggio.
Spesso proprio i cibi che più piacciono possono scatenare reazioni imprevedibili mettendo in allarme il nostro sistema immunitario. Per ogni individuo le incompatibilità alimentari, talvolta assolutamente insospettabili, producono disturbi che si manifestano anche a distanza di 15 o 72 ore dall’ingestione dell’alimento incriminato.
E’ necessario fare una distinzione fra le allergie classiche, che si manifestano immediatamente con l’assunzione del cibo responsabile della reazione Ig E mediata, e le intolleranze.
Come frequentemente accade nel lattante, maggiormente interessato dai fenomeni di intolleranza, anche nell’adulto la permeabilità della membrana intestinale verso determinate tossine è responsabile di sintomi spiacevoli e aspecifici.
L’integrità della mucosa intestinale è minata da fenomeni infiammatori, come le classiche coliti, e da meccanismi immunologici locali come quelli esercitati dagli anticorpi IgA secreti nel muco che ricopre e protegge la parete intestinale.
Un’incompleta digestione dei cibi può determinare la formazione di macromolecole proteiche oppure di polisaccaridi ad alto peso molecolare che infilandosi tra le giunzioni delle cellule enterocitarie “thigt junctions” del colon e formano tossine.
Quando aumentano i tempi di contatto tra la mucosa intestinale e gli antigeni alimentari, a causa di alterazioni della flora batterica o stipsi, si possono verificare fenomeni infiammatori.

Le intolleranze, pertanto, possono essere considerate come delle reazioni avverse, non IgE mediate, causate dall’accumulo intestinale di macromolecole che determinano l’intervento di cellule immunocompetenti.

Questa condizione si ripercuote sulla salute del paziente con fenomeni di disbiosicolitestipsi, crampi addominali detrminando una sorta di circolo vizioso che aggrava i sintomi.
La reattività del nostro organismo verso i cibi responsabili della formazione di quelle macromolecole è valutata mettendo a contatto globuli bianchi, piastrine e globuli rossi con una microscopica quantità dell’alimento da testare.
Il comportamento delle cellule viene osservato utilizzando un microscopio: se le cellule non subiscono alterazioni, l’elemento lo si considera normale quindi non reattivo. Quando i globuli bianchi ingrandiscono fino a esplodere o quando si formano delle caratteristiche aggregazioni, l’alimento è considerato dannoso.

I livelli di reazione sono quattro, indicati annerendo una delle quattro caselle presenti accanto al nome dell’elemento in esame.

SINTOMI LEGATI ALLE INCOMPATIBILITA’ ALIMENTARI

SINTOMI GENERALI: Stanchezza, ritenzione idrica, occhi cerchiati, sonnolenza postprandiale, alitosi, aumento della sudorazione.

APPARATO RESPIRATORIO: difficoltà di respirazione, asma, tosse, rinite allergica, sinusite.

APPARATO GASTRO-ENTERICO : gonfiore, senso di nausea, dolori e crampi addominali, gastrite, colite, disturbi dell’alvo (diarrea, stpsi), eruttazione, aerofagia, prurito anale, emorroidi.  

APPARATO CUTANEO: prurito locale e generalizzato, acne, eczema, dermatiti, vari tipi di lesioni dermatologiche, psoriasi.

APPARATO UROGENITALE: cistiti, infiammazioni urogenitali, sindrome premestruale.

 

 

Bibliografia

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La malattia asmatica: il ruolo della nutrizione biologica. 
Atti del III° congresso S.E.N.B., Suppl. n°3. (2001), La Med. Biol. pp. 15-19.

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Ruffelli M, De Pità O. 
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IgG antibodies against food antigens are correlated with inflammation and intima media thickness in obese juveniles. 
Exp. Clin. Endocrinol. Diabetes. (2008); 116(4): 241-245.

Disbio test

Il disbiosi test, effettuato in studio, è un presidio di laboratorio in grado di valutare e monitorare i pazienti che evidenziano uno stato di disbiosi intestinale.

Il test, non invasivo, permette di dosare a livello urinario 2 markers della disbiosi che sono metaboliti dell’aminoacido triptofano:

– INDICANO determinato colorimetricamente.
– SCATOLO determinato con metodica cromatografica.

 

 

Per cause legate ad un’alimentazione poco equilibrata, ritmi lavorativi stressanti, mancanza di attività fisica, utilizzo di farmaci specifici (antibiotici, lassativi, anticoncezionali), la flora batterica intestinale può alternarsi e provocare la disbiosi intestinale, una vera e prorpia malattia, caratterizzata da alcuni sintomi ben definiti.
Secondo quanto attualmente riportato in letteratura i principali disturbi e patologie correlabili alla disbiosi intestinale sono :

Una dieta poco equilibrata, caratterizzata dall’assunzione di alimenti ricorrenti, è dannosa per l’intestino ed impedisce all’organismo di ottenere il giusto apporto calorico e nutritivo.
L’alimentazione scorretta è in genere affiancata da uno stile di vita irregolare che altera il ritmo sonno-veglia con inevitabili ripercussioni negative sull’intestino.
La disbiosi può essere causata anche dallo stress generato da una attività lavorativa intensa, dagli impegni pressanti e dalle responsabilità quotidiane. Lo stress professionale lascia ben poco tempo allo svolgimento di attività fisica e ciò crea una condizione di affaticamento e nervosismo nell’organismo.
Un’ulteriore causa è costituita dall’assunzione di farmaci quali antibiotici, antinfiammatori, antinfluenzali, antidepressivi, anticoncezionali e ansiolitici che agiscono sui sintomi della malattia ma anche sulla flora batterica, danneggiandola.
Anche metalli pesanti quali alluminio, mercurio, piombo, che possono arrivare nell’intestino attraverso la catena alimentare, possono danneggiare la flora batterica.

L’Indolo e lo Scatolo sono metaboliti dell’aminoacido Triptofano, presente in molte proteine sia animali che vegetali, il loro aumento eccessivo consente di verificare l’eventuale presenza di alterati ed eccessivi fenomeni fermentativi e/o putrefattivi a livello intestinale.
L’aminoacido Triptofano normalmente assunto con la dieta subisce, ad opera di alcune specie batteriche intestinali, un processo di metabolizzazione che comporta, dal punto di vista biochimico, la perdita di una catena laterale con produzione di un metabolita che prende il nome di Indolo.

L’Indolo, così prodotto, viene assorbito a livello della mucosa intestinale e attraverso il circolo entero-epatico giunge al fegato dove è trasformato in Indicano per essere poi escreto dai reni con le urine.

La concentrazione di INDICANO nelle urine è un indice dei fenomeni putrefattivi ad opera di alcune specie batteriche come Proteus e Klebsiella, perché come abbiamo visto l’INDICANO è il risultato della trasformazione da parte della flora batterica del TRIPTOFANO assunto con i cibi. Sostituendo gli atomi d’idrogeno dell’indolo con vari radicali si hanno derivati più o meno tossici i quali, eliminati con l’urina, dànno luogo ai pigmenti urinari. Un’alterazione della flora batterica intestinale come potrebbe essere l’eccessiva crescita di particolari gruppi batterici “CATTIVI” determina disturbi intestinali.
In pratica quando la digestione non è ottimale, gli aminoacidi derivati dalle proteine maldigerite, subiscono un processo di decarbossilazione.

Quando nessun ceppo batterico riesce a proliferare uccidendo gli altri si crea una situazione utile all’organismo perché vi è una condizione di equilibrio che prende il nome di “eubiosi“.

Quando, invece, dei gruppi di batteri riescono a prevalere, l’equilibrio si altera e viene a crearsi la “DISBIOSI INTESTINALE”, una condizione, purtroppo, assai diffusa.
Un’alimentazione non consapevole come l’ingestione di troppi zuccheri, una cattiva masticazione, pasti ingeriti con premura e l’uso di lassativi, antiacidi, antibiotici, predispongono allo sviluppo di varie sostanze tossiche e favoriscono lo sviluppo dei batteri “CATTIVI”.
Questi problemi intestinali pur di carattere funzionale, rappresentano un problema sociale.
Da essi dipendono infatti vari sintomi spiacevoli di cui soffrono moltissime persone, colite, stitichezza, gonfiore addominale, meteorismo, flatulenza e diarrea.
Questa sgradevole sintomatologia è dovuta alla graduale distruzione della flora batterica intestinale “BUONA”, ovvero dei miliardi di batteri utili che svolgono mansioni fondamentali per la nostra salute.


Se si considera la vasta superficie della mucosa gastro-intestinale e la sua grande capacità di assorbimento, si comprenderà come un’alterazione delle condizioni intestinali possa determinare l’assorbimento di tossine dalle quali possono derivare disturbi di carattere generale che, a prima vista, sembrano non avere nessuna relazione con l’intestino: mal di testa, nervosismo, alito cattivo, riniti, acne, dermatiti, eczemi, stanchezza cronica, invecchiamento della pelle e dolori articolari.

 

 

Bibliografia:

Hawrelak JA, Myers SP. The causes of intestinal dysbiosis: a rewiew. Altern Med. Rev. 2004 jun:9(2):180-97

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Calorimetria

CALORIMETRIA

LA TECNOLOGIA AL SERVIZIO DEL CONTROLLO DEL PESO

 

Per conoscere il consumo di ossigeno – O2 e la produzione di anidride carbonica – CO2 del nostro organismo.


La 
Calorimetria Indiretta è una metodica essenziale nell’analisi dei fattori metabolici che condizionano il successo della terapia dimagrante. La valutazione del dispendio energetico offre la possibilità di stabilire e pianificare i fabbisogni nutrizionali.

L’utilizzo della calorimetria si basa sul fatto che l’energia assunta con gli alimenti come energia chimica viene trasformata nel nostro corpo in energia termica e cinetica.
A digiuno da 12 ore circa, a riposo termico,meccanico e psichico è possibile calcolare l’energia termica a riposo.
Il soggetto viene fatto respirare per 20 minuti attraverso uno spirometro che calcola il volume di ossigeno inspirato e il volume di anidride carbonica espirato.

Il consumo calorico, non solo può variare a seguito dello sforzo compiuto, ma confrontando persone di uguale peso, altezza ed età, a riposo, può dimostrare valori molto diversi che giustificano la difficoltà o la facilità nel controllo del peso.
Vi sono persone che anche a riposo hanno un elevato metabolismo che consente loro un facile controllo del peso.

CALORIMETRIA DI UNA PERSONA “FORTUNATA”

OSSERVANDO QUESTO GRAFICO CALORIMETRICO VEDIAMO COME TUTTE LE LINEE SIANO SOPRA IL CONSUMO MEDIO

  • Questa paziente di 32 anni alta 172 cm e peso 57 kg, consumando a riposo 609 calorie in più rispetto alle persone normali di uguale conformazione fisica ed età non ha difficoltà a conservare un fisico statuario. 

La calorimetria ci offre però altre interessanti specifiche a proposito di questi “modelli”

Il QR o (RQ), cioè il quoziente respiratorio, che indica gli alimenti degli ultimi pasti, e che se si segue una dieta perfettamente equilibrata dovrebbe essere compreso tra 0,80 e 0,85 in questo caso è di 0,82. In pratica pur mangiando tutto quello che vuole quando vuole la persona in esame, mangia esattamente ciò che deve.
Quando il QR è intorno a 1 indica un’alimentazione troppo ricca in carboidrati mentre più è basso più esprime il consumo del grasso di deposito.

Il QR (Quoziente Respiratorio) è il rapporto tra quantità di anidride carbonica eliminata e la quantità di ossigeno assorbita.

QR= CO2 (anidride carbonica eliminata) / O2 (ossigeno inalato)

1) Il QR ha il valore di 1 quando l’energia chimica assunta con l’alimentazione è ottenuta mangiando prevalentemente carboidrati.

2) Il QR compreso tra 0,8 e 0,85 indica una dieta controllata.

3) Il QR è inferiore a 0,8 quando si è finalmente a dieta.

 

  • QUELLO CHE SEGUE INVECE E’ UN ESEMPIO DI GRAFICO CALORIMETRICO DOVE IL CONSUMO CALORICO A RIPOSO E’ RISULTATO DI 1374 KCAL, QUINDI 186 IN MENO RISPETTO ALLA MEDIA DELLA POPOLAZIONE DI UGUALE PESO, ALTEZZA, SESSO ED ETA’.

 

 

Il dispendio energetico totale (TEE: Total Energy Expenditure o Total Daily Expenditure Energy) viene definito dalla somma di tre diverse componenti: metabolismo basale,termogenesi e attività fisica. La sua valutazione clinica è di notevole importanza in quanto ci dà la possibilità di stabilire le necessità energetiche e nutrizionali. Sulla base della TEE vengono infatti elaborati i fabbisogni nutrizionali della popolazione sana, intesi come livelli di energia derivata dal cibo per bilanciare il dispendio energetico individuale. Il concetto di bilancio energetico per la persona sana è codificato come quota calorica necessaria per mantenere costante la dimensione e la composizione corporea, per supportare l’attività fisica giornaliera.
Benchè l’aumento della percentuale di grasso e del peso corporeo siano principalmente da attribuirsi al bilancio energetico positivo aggravato dall’eccessiva secrezione insulinica e dall’insulinoresistenza, la difficoltà nel perdere peso è principalmente dovuta al metabolismo. Nei 200.000 anni di permanenza sul pianeta l’Homo Sapiens ha dovuto difendersi dalla carenza di cibo e così l’evoluzione della nostra specie ha introdotto sistemi di risparmio energetico che si fanno via via più importanti proprio in rapporto alla perdita di peso.
La terapia farmacologica è volta a contrastare questa situazione che per certi versi è fisiologica ma che può determinare un vero stato di prostrazione, pallore, caduta dei capelli, fragilità delle unghie e arresto del calo ponderale.

 

L’analisi calorimetrica è in grado di determinare anche la diminuzione del livello metabolico che consegue al dimagrimento.
E’ noto come, durante la dieta dimagrante, i primi chili si perdano facilmente mentre successivamente anche seguendo il regime dietetico che inizialmente aveva “funzionato” non solo vediamo il peso bloccarsi ma addirittura, vediamo l’ago della bilancia che riprende a salire. Viene voglia di lasciarsi andare. E’ questo il più frequente motivo di abbandono dei sacrifici fatti per cambiare il proprio comportamento alimentare. Finalmente questa situazione è misurabile, controllabile e curabile mediante una terapia che non deve far altro che riportare la situazione metabolica ai livelli iniziali. La prima calorimetria effettuata in fase iniziale ha lo scopo di valutare l’aderenza alla dieta attraverso l’esame del Quoziente Respiratorio (QR) e il livello metabolico espresso in calorie. Il QR deve risultare minore di 0,85 mentre se è più alto indica un’alimentazione troppo ricca in carboidrati e il livello metabolico REE (Rest Energy Expenditure) deve essere almeno uguale al valore del metabolismo basale calcolato in base al peso, all’altezza, e all’età secondo la formula di Henry Benedict.

 

 

Bibliografia:

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Cosa succede quando si mangiano zuccheri

Quando mangiamo un piatto di riso o di pasta, o una pizza, oppure quando mangiamo una tazza di latte con dei cereali o con delle fette biscottate, diamo origine ad una sequenza di eventi metabolici la cui conoscenza è alla base del controllo del comportamento alimentare. “Prima digestio fit in ore”, la prima digestione si fa in bocca, infatti la saliva contiene l’AMILASI SALIVARE, un enzima che divide la lunga molecola dell’amido in polisaccaridi di minori dimensioni.
Nello stomaco i cibi vegetali non vengono digeriti.

Quando si soffre di qualche gastropatia questi cibi, non stimolando la digestione gastrica danno come un senso di sollievo alla tensione addominale, per questo motivo si mangiano gallette, cracker, pane, o del semolino, per mitigare il senso di buco allo stomaco.
Subito dopo lo stomaco c’è l’intestino tenue, dove agisce l’AMILASI PANCREATICA, che riduce le catene di polisaccaridi in MALTOSIO.
• NEL TENUE L’AMILASI PANCREATICA SCINDE L’AMIDO IN MALTOSIO

A questo punto dobbiamo fare una considerazione molto interessante, i cibi vegetali o carboidrati che dir si voglia, in definitiva sono zuccheri che assumiamo con il cibo, e il nostro corpo essendo selezionato biologicamente per la conservazione delle riserve energetiche, fa molto meno fatica a digerire nuovi alimenti, che utilizzare i depositi energetici accumulati.
In pratica è molto più facile ingrassare che dimagrire. Per la digestione degli zuccheri che introduciamo con i cibi vegetali, infatti, è necessaria una semplice idrolisi del legame che unisce due molecole di glucosio messe in sequenza nella catena dell’amido, invece quando si deve demolire il GLICOGENO depositato nel fegato o nel muscolo, è necessario ricorrere alla laboriosa scissione FOSFOROLITICA.
Sempre nell’intestino tenue, il MALTOSIO è idrolizzato in due molecole di GLUCOSIO dall’enzima MALTASI, mentre il LATTOSIO è scisso in GLUCOSIO e GALATTOSIO dalla LATTASI, quest’enzima pertanto è indispensabile per la digestione del latte. Le persone che presentano un’insufficienza di lattasi, hanno crampi intestinali e diarrea se introducono questo alimento.
Altra disaccaridasi è la SACCARASI che scinde il SACCAROSIO in GLUCOSIO e FRUTTOSIO.
Le molecole di GLUCOSIO, FRUTTOSIO e GALATTOSIO, sono assorbite dalle cellule epiteliali che rivestono i villi e i microvilli intestinali, capaci di aumentare di migliaia di volte la superficie assorbitiva del tenue. Solo due strati di cellule epiteliali separano i nutrienti presenti nel lume intestinale dal sangue dei capillari.

Per di più il FRUTTOSIO passa attraverso la membrana plasmatica per diffusione facilitata, quindi niente come la frutta è in grado di farci aumentare di grasso, quando si ha difficoltà dimagrire.

Il GLUCOSIO, invece, si sposta per trasporto attivo per mezzo di sistemi pompa simili a quelli necessari per le vitamine e gli aminoacidi. Una volta nel sangue il glucosio è trasportato in tutte le parti del corpo dove va incontro a quattro destini principali:
Il glucosio può essere catabolizzato a CO2 e H2O attraverso la respirazione aerobica. Questo è sicuramente il destino più comune del glucosio del sangue, perché la maggior parte dei tessuti funziona grazie all’ossigeno.


Il cervello in particolare, è un organo aerobico, pur pesando solo il 2-3-% del nostro peso corporeo, il tessuto cerebrale consuma oltre il 20% dell’ossigeno che respiriamo. Di fatto ha bisogno di 120g di glucosio al giorno che sono il 15% del totale delle necessità energetiche organiche. Anche il cuore ha esigenze simili, benché a differenza del cervello possa utilizzare molte sostanze come fonti di energia, e alcune di queste siano addirittura la spazzatura di altri metabolismi, come l’acido lattico. Durante lo sforzo intenso, la richiesta di ATP delle cellule supera, temporaneamente, la capacità del sistema circolatorio di rifornirle di ossigeno, quindi l’ossidazione del glucosio avviene per via anaerobica.
Il glucosio per via anaerobica, cioè senza ossigeno, perché lo sforzo supera la quantità di ossigeno respirata, viene trasformato in lattato.
Il lattato prodotto dai muscoli dallo sforzo fisico è utilizzato dal cuore che lo usa come carburante, e dal fegato che lo utilizza per ottenere altro glucosio attraverso la via gluconeogenetica.
Il glucosio può essere utilizzato per formare polisaccaridi di deposito come il glicogeno epatico e muscolare, questo in particolare è utilizzato per fornire glucosio nei periodi di intenso sforzo fisico, quando cioè lo sforzo del muscolo è così potente e breve da non consentire al sistema circolatorio di portare sufficiente glucosio per la contrazione muscolare. Più è grosso il muscolo scheletrico e maggiore sarà la sua riserva energetica, ciò spiega i muscoli ipertrofici dei centometristi, o gli imponenti quadricipiti femorali dei giocatori di calcio. Il glicogeno epatico invece serve all’atleta che svolge uno sforzo più prolungato e per questo motivo i ciclisti per colazione si riempiono di pasta di grano, con l’intento di fare un pieno di energie da impiegare nelle ore successive.

 

Il glucosio può essere trasformato in acetil-CoA , attraverso l’ossidazione del piruvato, e dare così origine alla sintesi del grasso. Tutte le volte che si mangia più cibo di quanto sia necessario per produrre energia, e per assolvere alle necessità della biosintesi di altre molecole, l’eccesso di glucosio viene ossidato ad acetil-CoA e indirizzato verso la sintesi dei trigliceridi, con ovvio aumento dei depositi di grasso.
Dobbiamo ricordare che nel corso dell’evoluzione i periodi di carestia  hanno selezionato linee genetiche capaci di conservare al meglio le riserve energetiche.
La Co2 e l’H2O, che rappresentano i prodotti finali dell’ossidazione del glucosio sono eliminati con la respirazione e l’escrezione renale urinaria.
I prodotti intermedi, PIRUVATO e LATTATO, entrano rispettivamente nel metabolismo del muscolo scheletrico il primo, e nel metabolismo del fegato e del cuore, il secondo. In pratica a livello muscolare, la contrazione intensa superando le capacità di trasporto dell’ossigeno, induce la necessità di trasformare il PIRUVATO in LATTATO. L’acido lattico che si forma rappresenta un vero e proprio veleno muscolare, responsabile di crampi e dolori che certo tutti abbiamo sperimentato dopo sforzi intensi o inusuali, tuttavia proprio questo veleno rappresenta un’importante ghiottoneria per il cuore, che usa proprio questo prodotto per funzionare al meglio, producendo come scarto il piruvato, ovvero la preziosa sostanza indispensabile al metabolismo del muscolo. Accade in qualche misura un evento eccezionale per la meccanica, sarebbe come se i fumi di scarico del tubo di scappamento di un’automobile, fossero impiegati dal motore come fonte energetica e che la combustione di questi fumi, producesse benzina a 98 ottani e così via.
Riassumendo quindi il muscolo per contrarsi usa come benzina, il PIRUVATO e produce come scarto il LATTATO, al contrario il cuore usa come benzina il LATTATO, e ha come risultato della combustione il PIRUVATO.